STYLE

10 Ottobre 2025

Articolo di

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Michela Frau

Marella Agnelli e l’eleganza della discrezione

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10 Ottobre 2025

Articolo di

Michela Frau
Marella Agnelli icona stile eleganza
Horst P. Horst.

Marella Agnelli e l’eleganza della discrezione

Essenziale e lineare. Un semplice abito bianco in moiré di seta con maniche lunghe e fiocco dietro la schiena a sottolinearne la linea ad A. Squisito nella sua delicatezza e sobrietà. Così era l’abito che Marella Caracciolo di Castagneto indossò per il matrimonio che, nel 1953 nel Castello di Osthoffen, nei pressi di Strasburgo, consacrò il suo amore con Gianni Agnelli.

Nessuna scintillante e preziosa tiara, piuttosto un copricapo circolare realizzato a mo’ di coroncina con lo stesso tessuto dell’abito firmato da Cristóbal Balenciaga, specchio – oltre che dell’indiscutibile talento del couturier spagnolo – dell’innata eleganza della Signora Agnelli, la quale non ha di certo dovuto ricorrere a esagerazioni e mise estreme per guadagnare il titolo di una tra le donne meglio vestite al mondo. Così nel 1960, la definì il New York Times, titolo che divideva con personalità come Grace Kelly o la Principessa Alexandra di Kent, e che l’accompagnò per tutta la vita. E oltre.

«È una forma di espressione ma anche uno scudo. Ci si presenta al mondo con un’immagine creata da un’altra persona ed è una sensazione piacevole» dichiarò Marella Agnelli a proposito della moda, lei che più volte ammise apertamente di non essersi mai sentita bella.

Curioso, tuttavia, come il suo volto affilato, il lungo slanciato, lo sguardo che celava un velo di gentilezza e la sua silhouette filiforme abbiano ispirato schiere di artisti e stilisti. Tanto che, come raccontato dalla storica della moda Bonizza Giordani Aragno, Valentino volle persino che i manichini di una mostra a lui dedicata, richiamassero la sua fisicità. Una chicness, come diremmo oggi, la sua, che fu immortalata dalla serigrafia pop di Andy Warhol e vent’anni prima dalla fotografia, forse la sua immagine più nota, scattata da Richard Avedon nello stesso anno delle nozze.

Marella Agnelli icona stile eleganza

Henry Clarke

Nata a Firenze nel 1927, da madre statunitense e padre diplomatico, discendente di un’antica famiglia dell’aristocrazia napoletana, Marella Agnelli fin dalla sua infanzia ebbe la fortuna di girare il mondo, nutrendo il suo naturale gusto per il bello che la portò a studiare belle arti a Parigi. Iniziò prima a lavorare come modella, poi come assistente fotografa a New York e in Italia per Condé Nast.

Nella sua vita poi si dedicò al design per tessuti di arredamento e al giardinaggio, passione che la portò a curare personalmente i giardini delle sue ville, come quello di Villa Frescot e Villa Perosa a Torino, e quella tanto amata nei pressi di Marrakesh, la Villa Ain Kassimou, dove andò a vivere dal 2005 dopo la scomparsa del marito, non prima di averla ristrutturata con l’aiuto di Madison Cox, architetto paesaggista e presidente della Fondazione Pierre Bergé e Yves Saint Laurent. E poi l’arte.

La First Lady italiana, così venne definita a più voci, fu insieme al marito una collezionista rinomata, che custodì un tesoro di opere di artisti del calibro di Monet, Renoir, Matisse, Canova, Picasso, Severini e Modigliani, alle cui donne, tra l’altro, venne spesso accostata per la sua fisionomia altera.

Marella Agnelli icona stile eleganza

Henry Clarke

La sua fu una vita devota alla bellezza. Non come ricerca spasmodica, ma piuttosto come inclinazione naturale che traslava in look semplici, discreti e altrettanto riconoscibili. I tanto amati pigiama palazzo di Irene Galitzine, gli abiti architettonici firmati Balenciaga, Courrèges, Valentino, Givenchy e quelli creati per lei dal suo amico Federico Forquet. E poi i caftani, celebre quello bianco e argento realizzato da Mila Schön, che indossò con una maschera ricoperta di piume per prendere parte al Masqued Black and White Ball organizzato nel 1966 da Truman Capote, il quale la decretò una tra i suoi cigni (così il celebre scrittore chiamava le sofisticate socialite newyorkesi che tra gli anni ’50 e ’60 dominavano l’alta società).

A questi, poi, alternava con nonchalance i look più sportivi con polo, semplici maglioni girocollo e pantaloni capri. Le scarpe sempre con mezzo tacco e (quasi) sempre firmate Ferragamo. Ma se dobbiamo ricercare una costante, oltre l’eleganza, ravvisabile in molte delle mise sfoggiate nel tempo, questa è la collana di lunghi fili di rubini e smeraldi che il patron della Fiat le regalò dopo un viaggio in India nel 1955. La utilizzò come un suo personale dettaglio di stile ogni qualvolta sceglieva un abito dalle linee semplici e discrete. Un escamotage per marellizzare ogni outfit e ribadire, ancora una volta, l’eleganza della discrezione.

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