Il cibo è un linguaggio universale che racconta chi siamo
ART & DESIGN
10 Ottobre 2025
Articolo di
Nadia Afragola
Il cibo è un linguaggio universale che racconta chi siamo
Immagina di arrivare in Salento, dove il vento porta profumi di mare e di campagna, dove le antiche pietre parlano di sole, fatica, tempo. Matino (dove tutto è nato nel 2022), Lecce, Castrignano de’ Greci, Masseria Le Stanzìe, Galatina, Gallipoli: sono queste le tappe di un pellegrinaggio visivo che Yeast Photo Festival ha saputo costruire.
Edda Fahrenhorst è la direttrice artistica, i due fotografi Flavio&Frank e Veronica Nicolardi sono i condirettori del Festival che tanto sta facendo discutere, scuotere la sensibilità collettiva e stimolare un confronto acceso.
Sono la punta dell’iceberg, uomini e donne, che hanno contribuito a mettere in atto in Puglia il ribaltone culturale – per usare le parole di Nicola Lagioia, uno dei grandi narratori del nostro tempo – alimentando la Primavera pugliese, quel movimento che ha trasformato la reputazione della regione, stufa di essere ricordata solo per le cima di rapa, Al Bano e Lino Banfi. Una roba che, se fosse accaduta trent’anni fa forse sarebbe stata in grado di trattenermi là dove sono piantate le mie radici.
In questo fermento si colloca Yeast Photo Festival. Yeast (che vuol dire “lievito”) è un nome che dice già molto: fermento, vita che cresce, lievitazione lenta, quella tensione che fa esplodere sapori, idee e immagini.
Michel Henri
Ogni anno questo festival intreccia fotografia contemporanea, reportage, arte visiva e un tema fortissimo: il cibo. Ma non il cibo come mero nutrimento – piuttosto come specchio delle nostre identità, come lente per guardare le contraddizioni, le ingiustizie e i paradossi del presente. “Food is identity” è il filo rosso che attraversa le edizioni, trasformato ogni volta in un’esplorazione diversa.
Le mostre? Non stanno solo dentro palazzi antichi o spazi espositivi “formali”: ti ritrovi a camminare nei chiostri, nei cortili, sotto cielo aperto, su muri affacciati al mare, tra gli aranci di Matino, in una Masseria che profuma di terra e di creta.
“Il cibo non è mai solo nutrimento ma memoria, appartenenza, linguaggio universale che racconta chi siamo e le nostre fragilità, ma oggi anche strumento di guerra e di potere. E la fotografia è un mezzo democratico che rivela storie complesse in modo immediato facile e accessibile, che genera consapevolezza e stimola il confronto e condivisione delle riflessioni, che mette in discussione abitudini visive e narrative” è un fiume in piena Veronica Nicolardi, condirettrice del Festival, una che ha scelto di fermarsi. Di osservare. E soprattutto, di creare spazi in cui guardare davvero. E non è un caso che abbia dedicato la sua vita a dare voce alla fotografia, intesa non come tecnica, ma come linguaggio dell’anima.
Edizione 2025: “(N)ever Enough”
Quest’anno il tema era potente e contemporaneo: (N)ever Enough — «mai abbastanza», un contrasto tra la nostra abbondanza quotidiana e la scarsità che molti sperimentano, tra spreco e fame, tra desiderio insoddisfatto ed eccesso invadente: “Osservando in un supermercato la ricchezza di prodotti mi sono resa conto di quanto siamo fortunati noi, per un verso, e quanto altri, al contrario, non lo siano. Ecco il fil rouge di quest’anno: “mai abbastanza”, che riguarda chi non ha accesso come noi alle risorse alimentari. Ed ecco perché quest’anno abbiano ritenuto di coinvolgere Martin Parr, che con la sua arte racconta proprio questi eccessi, chiosa la direttrice artistica Edda Fahrenhorst.
In mostra, fino al 9 novembre, 14 progetti capaci di comporre un atlante visivo del nostro tempo. Nel percorso si alternano immagini graffianti e delicate, ironiche e dolorose. È il caso del progetto War on the Nile – Fragmented Sudan di Ivor Prickett, dove la fotografia rende visibile un conflitto spesso ignorato, la fame come arma, il bisogno come grido sussurrato.
Siamo in Sudan. Il cibo qui è assente, è la mancanza stessa a diventare protagonista. Un lavoro quello di Prickett che ci ricorda quanto siamo distanti da certe realtà… e quanto dovremmo sentirci coinvolti.
Ivor Prickett
Snack It! del fotografo britannico Martin Parr, ospite d’onore di questa edizione del Festival – con ironia feroce – mette sul piatto il paradosso estremo: gelati che si sciolgono, frutta incartata nella plastica, wurstel affogati nel ketchup… momenti semplici che diventano specchio di enormi disparità. Fa sorridere… ma poi fa pensare. È come guardare il mondo occidentale allo specchio — e non è un bello spettacolo.
Martin Parr
Martin Parr
Non si può non parlare di Klaus Pichler e del suo One Third. Parte da un dato agghiacciante: un terzo del cibo prodotto nel mondo viene buttato. Crea fotografie di cibi scaduti e marcescenti messi in posa come quadri barocchi: belli da vedere, disgustosi da capire. Un pugno in faccia al nostro senso estetico e morale.
Klaus Pichler
Atmosfera e impatto
Intorno a Yeast c’è un’atmosfera sospesa, dove bellezza e realtà si toccano, perché la fotografia non è solo contemplazione, ma interrogatorio della coscienza. Vedi occhi di bambini, mani che raccolgono frutti, piatti che diventano installazioni, volti che guardano oltre il loro dolore ma anche oltre la nostra indifferenza.
La comunità è parte viva del festival: abitanti che partecipano, che accolgono, che diventano spettatori ma anche protagonisti. Le arti visive si fondono con il racconto sociale, si intrecciano con il paesaggio, la memoria, la quotidianità. È il caso di “Buone Mani” il progetto presentato dal duo FLAVIO&FRANK che racconta la città di Galatina attraverso i depositari di una tradizione gastronomica che dal Pasticciotto – nato qui quasi tre secoli fa e divenuto simbolo internazionale del Salento – si estende ai prodotti PAT (Prodotto Alimentare Tradizionale) che ancora resistono al tempo.
A chi accede alle mostre è richiesta la forza della riflessione: non uscire dal festival con la sensazione che niente cambi, ma con il nodo in gola, con la domanda che resta, con il desiderio che qualcosa possa mutare. Spreco, identità, accesso al cibo, responsabilità verso l’ambiente… sono temi grandi che Yeast mette davanti agli occhi con delicatezza e urgenza.
In breve, Yeast Photo Festival è come una luce che si accende dentro la notte delle nostre certezze, che illumina parti di mondo che tendiamo a ignorare, e lo fa con immagini potenti e con un ritmo che pulsa – un battito fatto di bellezza, di dolore, di speranza.
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