FOOD & BEVERAGE

29 Ottobre 2025

Articolo di

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Dario Melotti

Michelangelo Mammoliti, la forza della Natura

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29 Ottobre 2025

Articolo di

Dario Melotti
Michelangelo Mammoliti Tom Ford Chef La Rei Natura Intervista
Chiara Schiaratura per Soldoutservice; Look: Tom Ford

Michelangelo Mammoliti, la forza della Natura

Michelangelo Mammoliti è uno di quegli chef che non cucinano solo piatti — raccontano sé stessi attraverso la natura. Ogni gesto, ogni varietà di erba tagliata, ogni profumo che arriva dal piatto ha una sua ragione, quasi spirituale.

Non comincia la sua giornata in cucina, ma nell’orto. Passa le dita sulle foglie, sente l’umidità della terra. Prima ancora di pensare a un piatto, ascolta. È lì che nasce la sua cucina: nel respiro vivo della natura. Ogni pianta ha una voce, ogni fiore un racconto. Lui li conosce uno per uno, come si conoscono gli amici d’infanzia. E forse è proprio da quell’infanzia che tutto parte — da un bambino curioso, cresciuto in Piemonte, che amava conservare emozioni dentro i ricordi. Oggi, quel bambino è diventato uno dei cuochi più interessanti d’Italia.

Da dove parte. Dove arriva.

È nato ai piedi delle montagne piemontesi, e da lì non ha mai smesso di guardare verso la terra. La sua storia è quella di un ragazzo che ha imparato presto che la cucina non è solo tecnica, ma memoria, emozione, e ascolto. Prima ha viaggiato nel mondo — Marchesi, Ducasse, Alléno, Gagnaire — ma poi è tornato alle radici per cercare qualcosa che nessuna brigata stellata poteva restituirgli: il silenzio del suo orto.

Oggi, nel suo ristorante La Rei Natura ** Stelle Michelin, ogni piatto nasce come un ricordo che prende forma. C’è la mano del bambino che rubava pomodori maturi nell’orto del nonno. C’è l’uomo che annusa una foglia di timo e si ferma, perché in quel profumo sente casa. C’è lo chef che non vuole stupire con artifici, ma commuovere con sincerità.

Michelangelo Mammoliti Chef La Rei Natura Intervista

Cosa è la sua cucina.

La sua cucina è “naturale” non perché segue una moda, ma perché è viva. Ogni elemento è lì per un motivo: non decorativo, ma narrativo. Mammoliti non costruisce piatti, costruisce emozioni visibili. La sua cucina non è mai spettacolo. È intima, precisa, eppure capace di disarmare. Ogni piatto è una memoria resa commestibile. Non cucina per stupire, cucina per raccontare. Per farti ricordare qualcosa che credevi dimenticato.

A La Rei Natura l’esperienza non è un percorso gastronomico: è un viaggio emotivo. Ci si muove tra profumi di bosco, agrumi, erbe selvatiche, fermentazioni delicate. Tutto parla di equilibrio, di radici, di verità. Non c’è improvvisazione, ma un dialogo continuo con la natura. Come se lo chef fosse solo un tramite, un interprete gentile di ciò che la terra vuole dire.

La Rei Natura Ristorante 2 Stelle Michelin Michelangelo Mammoliti

La Rei Natura

Quando parla di cucina, usa spesso parole come “memoria” e “anima”. Non è retorica — è metodo. Vuole che chi assaggia un suo piatto provi qualcosa di personale, come un’eco. Non importa se ricordi l’infanzia o un viaggio: ciò che conta è che qualcosa dentro si muova.

E forse è questo il suo segreto: unire la forza del rigore francese con la dolcezza disarmante del sentimento italiano. Il risultato? Una cucina che respira, che profuma di verità, che ti fa uscire dal ristorante con un’emozione, non solamente con una fotografia.

Perché proprio il cuoco?

Sono cresciuto in Piemonte, in una famiglia dove la cucina era il centro della vita quotidiana. Sarà stato quello. Ho studiato, ho viaggiato e ho lavorato accanto a grandi maestri, soprattutto in Francia, dove ho imparato il rigore, la tecnica e il rispetto assoluto per la materia prima. Quelle esperienze mi hanno dato la solidità professionale necessaria, ma la mia vera identità l’ho ritrovata tornando alle radici: la terra, l’orto, i profumi che hanno accompagnato l’infanzia. La mia filosofia di cucina si regge tutta su questi pochi elementi.

Parla spesso della Natura come ispirazione assoluta. Cosa significa essere un cuoco legato alla terra?

Non è uno slogan, non lo è mai stato. Semmai è un modo di vivere. Ogni giorno entro in serra e nell’orto, raccolgo, annuso, assaggio. La mia cucina nasce lì. Essere legati alla terra significa riconoscere che il piatto inizia molto prima che in cucina: inizia quando un seme germoglia, quando una pianta cresce seguendo i suoi tempi, non i nostri. Io sono soltanto un tramite: cerco di rispettare la Natura e di trasformare quello che offre in un’esperienza che emozioni chi si siede a tavola. La mia ambizione più grande è quella di creare nuove memorie gustative.

Michelangelo Mammoliti Orto Serra La Rei Natura Intervista

Orto e serra sono diventati parte integrante della sua visione. Perché sono così centrali?

Perché sono la mia dispensa viva. Mi permettono di avere varietà straordinarie di erbe, fiori, ortaggi, foglie. Non si tratta solo di freschezza: lì dentro c’è biodiversità, ci sono profumi che la grande distribuzione non può offrire. In serra coltivo anche specie dimenticate o rare, che diventano strumenti di memoria sensoriale. Per me è fondamentale: ogni piatto deve raccontare una storia, e l’orto mi dà le parole per farlo. Meglio, ogni piatto è una sinfonia, ogni specie che coltivo, una nota.

Le note musicali sono sette, le specie che coltiva sono centinaia. È davvero necessario coltivare 130 tipologie di pomodori?

Le note sulla tastiera sono immarcescibili. Resteranno bianche e nere per sempre. I pomodori invece crescono in determinati periodi dell’anno, non nascono tutti insieme, richiedono attenzioni diverse, e vengono usati in ricette diverse. Non si può ridurre la natura intera a sette categorie, pur grandi che siano. Il paragone con la musica va visto in modo diverso. Ogni piatto è una sinfonia, in cui ci sono varie note, ed ogni nota è un ingrediente, che sia un pomodoro o uno dei quaranta basilici che coltivo. Pensare che possa bastare una tipologia di pomodoro per un menu intero, o un taglio solo di carne, o qualche frutto di stagione, significa ridurre la cucina a un concetto antico di ristorante, inteso come luogo di ristorazione, in cui un oste sfamava i suoi clienti con quel che c’era.

A proposito di strumentazione, quando parla della sua cucina lo fa con particolare orgoglio.

C’è un legame affettivo con il marchio Molteni. Quando sono arrivato in Francia, nel ristorante di uno dei più grandi chef con cui abbia lavorato – Alain Ducasse – è stato il primo piano cottura che ho utilizzato. Avevo davanti agli occhi tutti giorni quella cucina, e ho avuto modo di studiarla, di testarla, e soprattutto di capire che non era considerata come un semplice strumento di lavoro, era molto di più. Tutti le prestavano un occhio di riguardo, c’erano dei riti da rispettare, come ad esempio quello della pulizia: solo agli chef di partita era concesso lucidare le finiture ottonate, le manopole, le scritte, mentre ai commis spettava la pulizia di tutte le altre parti, ad ogni rango corrispondeva un’azione. Non era una questione gerarchica, ma una forma di rispetto nei confronti di un pezzo di storia, quasi un monumento alla gastronomia. È qualcosa che non si dimentica. Oggi, che finalmente ho avuto la possibilità di realizzare la mia cucina da zero e di poter scegliere Molteni e di personalizzarla in ogni aspetto, sento di aver messo un tassello importante nella mia carriera da cuoco.

Michelangelo Mammoliti Chef La Rei Natura Intervista

Perché lei coltiva? Voglio dire, ci sono contadini e aziende agricole per questo.

Penso che un bravo chef debba avere le mani sporche di terra. Io ci sono nato e cresciuto in mezzo all’orto e ai campi. L’orto e la serra per me sono un album di ricordi, ad ogni viaggio che faccio mi porto sempre dietro una specie e provo a coltivarla. È la mia mappa. Invece che mettere segnalini per dire dove sono stato nel mondo, pianto un seme. Coltivare è un’attività che richiede molto sforzo e competenze ma è conosciuta fin dalla notte dei tempi. Ora lo facciamo solo meglio, più consapevolmente. Ho molte persone che si occupano della serra e dell’orto, ragazzi e ragazze specializzati in ciò che fanno, senza loro non sarebbe uguale, non sarebbe così lineare il nostro operato in cucina. Abbiamo scritto una “carta” che raggruppa gli atteggiamenti virtuosi che dobbiamo tenere nelle nostre coltivazioni. E poi… c’è un altro fattore. Coltivare qualcosa ha più gusto, vedere crescere una melanzana e coglierla nel momento che per te è quello giusto, ti dà il vero controllo sulla cucina. Tutto questo chiaramente è possibile quando hai una proprietà, come la mia, la famiglia Dogliani, che crede fermamente in te e nel tuo progetto e rinuncia a parecchi metri quadrati di vigna (che nelle Langhe ha un valore prossimo al milione di euro per ettaro), solo per darti la possibilità di coltivare.

Cosa c’è scritto in quella “carta dell’orto”?

È un piccolo manifesto che per punti promuove: la minima lavorazione del suolo, la pacciamatura naturale, la piantumazione di piante da copertura, l’uso consapevole dell’acqua, l’uso di macerati naturali e di trattamenti biologici come propoli ed oli essenziali che rispettano gli impollinatori; si fa grande attenzione al compostaggio, quindi alla circolarità del sistema, e tanto altro. Il tutto si traduce in piatti puliti, sani, controllati.

Pak Choi Naruto orto serra La Rei Natura Michelangelo Mammoliti

Nei suoi discorsi ricorre spesso la parola “neurogastronomia”. Cosa significa e come entra nei suoi piatti?

La neurogastronomia studia il rapporto tra gusto, emozione e memoria. Io ci credo profondamente: il cibo non è solo nutrimento, è ricordo, è evocazione. Quando creo un piatto, penso a come stimolare i sensi e, attraverso i sensi, la memoria. Un profumo di timo può riportare un ospite all’infanzia, un tocco di lavanda può rievocare un viaggio. È questo che cerco: non solo piacere gustativo, ma connessione emotiva.

Ci fa un esempio con un piatto?

“BBQ” è uno dei miei signature. È uno spaghetto cotto in estrazione di prosciutto di Cuneo che richiama il sapore e i profumi delle grigliate della domenica in famiglia. È un ricordo d’infanzia riscritto con nuovi ingredienti. “Un principio di emozione” è un lievitato che parla delle mie giornate nel campo con lo zio. Spesso da ragazzo mi capitava di aiutarlo a falciare il fieno. Quel gesto lascia sulle mani e nelle narici profumi che si imprimono nella tua mente e che sono riuscito a rielaborare solo dopo anni. Quando si tornava a casa dal campo, uno dei momenti più dolci della giornata era proprio la merenda, con un pane leggermente tostato in forno a legna, su cui si spalmava burro e confettura di albicocche. Nel Principio di emozione c’è tutto questo, con l’aggiunta di fava tonka, che ho scoperto avere molecole e proprietà organolettiche simili ai profumi del fieno.

BBQ piatto Michelangelo Mammoliti chef La Rei Natura

BBQ

Ha spesso citato l’arte come fonte di ispirazione. In che modo entra nel suo lavoro?

L’arte mi ha insegnato l’importanza delle forme, dei colori, dell’equilibrio. Un piatto non è mai solo buono: deve essere bello, deve trasmettere un’emozione visiva. Penso a Kandinskij, a Fontana: c’è un ritmo e una tensione nelle loro opere che cerco di riportare nelle mie composizioni. La cucina, come l’arte, è un linguaggio universale. Arte per me non significa fare qualcosa di bello, ma di armonioso, in cui bellezza e fine siano funzionali vicendevolmente.

Nei suoi menu compaiono percorsi come “MAD 100% Natura” o “De rerum natura”. Qual è il filo che li unisce?

Tutti i miei percorsi hanno un unico centro: la Natura. Cambiano i racconti, cambiano le prospettive, ma il punto di partenza è sempre lo stesso. MAD è la rappresentazione perfetta del mio modo di intendere la vita. Significa letteralmente “matti di natura”. Emozione è un viaggio nella mia mente, alla ricerca di risposte a domande come: quali sono i ricordi più importanti della nostra vita? Che sapore hanno? Cosa abbiamo impresso nel nostro profondo? Cosa ci ricorda un determinato sapore o profumo? Voyage è la cartina di tutti i luoghi dove sono stato e dove ho vissuto. De rerum natura è un menu in cui è l’ospite a parlare di sé, è lui a indicare la direzione e insieme percorreremo la strada. Sono modi diversi di guardare allo stesso orizzonte.

Celtuce piatto Michelangelo Mammoliti chef La Rei Natura

CELTUCE

Lattuga asparago cotta in burro nocciola in papillote vegetale, salsa di foglie arrostite alla brace, pesto di celtuce, olio di alloro, tre tipi di caviale (Beluga, Oscietra, affumicato) e fiori di Oxalis.

BELLEVILLE

Trota fario mi-cuit, salsa di foglie di acetosella di Belleville (sapore molto marcato, citrico, che ricorda mela verde), uova di trota, insalata di acetosella di Belleville, cubettini di limone fresco.

Belleville piatto Michelangelo Mammoliti chef La Rei Natura

Quanto conta il Piemonte nella sua visione di cucina?

È tutto. Il Piemonte è la mia radice e la mia musa. È terra di grandi vini, di colline e di boschi, di tradizioni contadine e raffinatezza culturale. Ogni volta che metto a fuoco un piatto, penso a come collegarlo a questa identità. La mia cucina parla un linguaggio universale, ma con accento piemontese.

Colline Langhe panorama La Rei Natura ristorante Michelangelo Mammoliti

Veniamo all’attualità. C’è chi sostiene che la cucina “stellata” sia morta. È davvero così?

No, non è morta. Le stelle hanno rappresentato e rappresentano ancora un punto di riferimento importante, perché premiano l’eccellenza e il rigore. Ma credo che oggi non basti più il riconoscimento fine a sé stesso. La cucina stellata, se diventa autoreferenziale, rischia di chiudersi in una torre d’avorio. Penso invece che debba aprirsi, dialogare con il territorio, con la natura, con le persone. Non cuciniamo per i critici, o perlomeno non solo per loro. Cuciniamo per tutti coloro che si siedono a tavola, ad ogni ospite va riservata la giusta attenzione.

I dati e il sentiment generale però descrivono un futuro non proprio roseo per la ristorazione stellata.

È un tema dibattuto. Lo so, lo sappiamo tutti noi cuochi. E tra noi se ne parla. Mi capita di confrontarmi ancora con i miei maestri, con tanti colleghi. Ma i dubbi svaniscono quando entri in contatto con certe realtà, quando entri nelle cucine di Casa Maria Luigia, per citare solo l’ultima in cui ho avuto il piacere di sedermi. Alla corte del maestro Massimo Bottura o della talentuosissima Jessica Rosval. Lì ti accorgi di cosa significhi portate una ricetta, un prodotto, alla sua estrema forma. La nostra è ricerca dell’eccellenza. Noi prendiamo i prodotti migliori al mondo, coltiviamo nel modo più pulito possibile, lavoriamo con la tecnica e con le strumentazioni più professionali che ci siano, serviamo il cliente con ogni accortezza. Questo è ambire all’eccellenza. Questo è tendere all’eccellenza, è una costante scalata verso il gradino più alto. E chi dice che questo movimento, questa tensione, si stia sopendo, sbaglia. Sarebbe come dire che in futuro non esisteranno più degli Enzo Ferrari o dei Tom Ford, gente che per ambizione e per una naturale predisposizione ha sempre guardato oltre, portando i loro prodotti a brillare nei rispettivi settori. Chi dice che la ristorazione stellata è giunta in fondo al suo percorso, non ha visione, forse ha poca memoria, o forse appunto si fa prendere da un pericoloso sentiment che trascina le masse.

Michelangelo Mammoliti Tom Ford Chef La Rei Natura Intervista

Look: Tom Ford

Enzo Ferrari e Tom Ford. Perché questo accostamento?

Ho citato quei nomi e potrei farne altri mille. La lista è lunghissima. Sono persone eccezionali come ne nascono poche. Sono accomunati da un’esigenza creativa, non nel senso di fare qualcosa in modo creativo, ma nel senso di creare qualcosa, un nuovo veicolo, un’estetica. Sono punti di riferimento, ognuno nel rispettivo settore. Impossibile non adottarli come modelli a cui aspirare.

Tornando a noi, qual è il futuro della gastronomia?

Il futuro, per me, è un ritorno all’essenziale. Non parlo di semplificazione banale, ma di autenticità. Credo in una gastronomia capace di emozionare senza artifici, che sappia raccontare la natura rispettandola, che lavori sulla memoria e sull’identità. Un futuro in cui il lusso non sarà più l’ostentazione, ma la sincerità del prodotto, la trasparenza del lavoro, la capacità di creare connessioni vere con chi mangia. La cucina deve tornare a essere un ponte: tra passato e futuro, tra terra e uomo, tra emozione e nutrimento.

La Rei Natura Ristorante 2 Stelle Michelin Michelangelo Mammoliti

La Rei Natura

Non ci sarà quindi più posto per quella tensione all’eccellenza?

Quella tensione all’eccellenza di cui parlavo prima, avrà fatto un passo in più. Sarà arrivata in cima, avrà scollinato, per usare un termine ciclistico. Si sarà sublimata, avrà raggiunto una nuova consapevolezza. E sarà diventata l’essenza di sé stessa. A mio parere però non siamo ancora arrivati a quello step, serve ancora un po’ di tempo. Serve arrivare al punto in cui si riesce a condensare tutto ciò che facciamo in pochi passaggi, in pochi ingredienti e serve soprattutto avere una coscienza comune che si muova in quella direzione. Per evitare di essere predicatori in mezzo al deserto.

Scollinare, non è un caso il suo rimando al ciclismo, vero?

Non è un caso, no. Pedalo da sempre, non saprei immaginarmi senza bicicletta. Anche per questo non lascerei mai un territorio come le Langhe, il paradiso per un ciclista.

Cos’è per lei la moda?

È sentirsi comodi negli abiti più adatti per ogni occasione. Ci sono divise da cucina, divise da lavoro; ci sono completi per le cerimonie, per fare sport, vestiti per vendemmiare. Per ogni cosa c’è il giusto outfit. E per me al primo posto c’è sempre il comfort. Mi piace la montagna, lì l’abbigliamento è fondamentale, e usare i giusti brand non è questione di moda ma di sopravvivenza. Il mio concetto di moda è funzionale. In cucina devi avere scarpe adatte, comode, con cui però poter anche uscire in sala per salutare gli ospiti, devono resistere ai tanti chilometri che percorriamo, ma anche non affaticare il corpo.

Michelangelo Mammoliti Tom Ford Chef La Rei Natura Intervista

Look: Tom Ford

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