Nel cuore della pineta di Fregene, a pochi chilometri da Roma, si erge una delle architetture più sorprendenti del Novecento italiano: la Casa Albero, conosciuta anche come Casa Sperimentale. Progettata tra il 1968 e il 1975 da Giuseppe Perugini, insieme alla moglie Uga De Plaisant e al figlio Raynaldo, è un organismo architettonico che sfida la gravità: blocchi sospesi, pilastri a vista, cemento, vetro e acciaio compongono un linguaggio radicale e poetico, in cui la casa sembra fluttuare tra gli alberi.

Il brutalismo di Perugini è un atto etico che travalica l’estetica: un’architettura che mostra ciò di cui è fatta, che rifiuta ogni artificio e mette a nudo la sincerità dei materiali; qui ogni elemento strutturale è esibito, ogni superficie rivela la sua funzione. L’effetto è di una bellezza austera e ipnotica, dove la luce modella le geometrie e i vuoti diventano respiro.

Andy Tye, French+Tye

Nel brutalismo il calcestruzzo, oltre a essere materia, è racconto; è il luogo dove l’architettura rivela la propria ossatura, dove forma e funzione coincidono. La Casa Albero ne incarna l’essenza più pura: è una costruzione che si mostra nella sua onestà strutturale, come un corpo vivo fatto di peso, luce e sospensione. È proprio in questa dimensione sospesa tra utopia e materia che anche Bottega Veneta ha ambientato la sua campagna autunno-inverno 2023, firmata dal direttore creativo Matthieu Blazy.

I fotografi Malick Bodian, Louise e Maria Thornfeldt e Sander Muylaert hanno lavorato tra i pilastri di cemento e i volumi modulari, catturando la tensione scultorea che accomuna la visione di Perugini e quella della maison. Nelle immagini, le superfici della casa dialogano con i tagli netti dei capi, i riflessi del vetro con le texture dei tessuti, la forza del calcestruzzo con la morbidezza della pelle intrecciata.
Non è la prima volta che la moda scopre la fotogenia di questo luogo: già Fendi e C.P. Company l’avevano scelta in passato.

Bottega Veneta

Bottega Veneta, però, ne ha colto qualcosa di più profondo, ovvero una risonanza formale e concettuale, l’idea di un’estetica senza tempo che si costruisce per strati, come un abito che si trasforma con chi lo indossa. La Casa Albero è, a distanza di anni, un esperimento abitativo pensato per non finire mai. Perugini la definiva “non finibile”, un progetto aperto, modulare, espandibile all’infinito. Dalle capsule dei bagni prefabbricate alla celebre “Palla”, micro-alloggio sferico sospeso tra gli alberi, ogni modulo racconta una possibilità dell’abitare futuro.

Andy Tye, French+Tye

Nel tempo, l’edificio ha conosciuto abbandono e degrado, ma la sua forza visionaria non si è spenta. Oggi rientra tra le “Icons at Risk” della Iconic Houses Foundation e, al tempo stesso, è oggetto di interventi di tutela e valorizzazione. La moda, riportandola sotto i riflettori, ne ha riacceso l’immaginario: la luce che scivola sul cemento, i contrasti netti, il senso di sospensione sono tornati a parlare al presente.

In un’epoca che ricerca verità e rigore formale, la Casa Albero torna a essere un simbolo di libertà creativa: tra i pilastri sospesi e la luce che filtra tra gli alberi, Bottega Veneta ha trovato una dichiarazione d’intenti. Oggi, tra le chiome della pineta e la trama grezza del cemento, questo esperimento brutalista vive grazie a un rinnovato interesse culturale e artistico, con visite guidate, progetti di illuminotecnica e iniziative di tutela stanno restituendo alla Casa Albero il ruolo che merita: non solo un’icona del passato, ma un laboratorio ancora attivo di visione e contemporaneità.