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12 Dicembre 2025

Articolo di

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Anna Paola Parapini

Matthieu Blazy e la rifondazione silenziosa di Chanel

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12 Dicembre 2025

Articolo di

Anna Paola Parapini
Matthieu Blazy Chanel sfilata Métiers d
Courtesy of Chanel

Matthieu Blazy e la rifondazione silenziosa di Chanel

Due collezioni sono bastate a Matthieu Blazy per insinuare una nuova idea di Chanel: meno iconografica, più intellettuale; meno museo, più movimento; meno nostalgia, più libertà. La SS26 e la Métiers d’Art 2025/26 segnano l’inizio di una rifondazione sotterranea, che non strappa il passato ma lo decodifica.

Non è una rivoluzione plateale. È un riallineamento profondo, che riscrive i volumi, ripensa il tweed, rilegge l’artigianato e mette al centro una donna reale. Una donna che può essere anche Bhavitha Mandava, la venticinquenne indiana scoperta per un caso del destino in metropolitana e che infatti aprirà proprio una sfilata ambientata nella metro newyorkese. Ma questa è solo una delle tante traiettorie che stanno plasmandone il progetto.

L’archivio come detonatore: le camicie Charvet e il ritorno all’essenziale

Il primo segnale della visione di Blazy arriva nella SS26 con la scelta delle camicie firmate Charvet. Non è un omaggio rétro; è una riprogrammazione culturale. E non è casuale: sette lettere sottili e ricamate in corsivo sulle camicie raccontano la storia di una delle camicerie più antiche e mitizzate al mondo. Era il 1838 quando Joseph-Christophe Charvet aprì il suo atelier, trasformandolo in un indirizzo sacro per politici, intellettuali e uomini di potere in cerca di una camicia su misura emblema di qualità e disciplina sartoriale.

È lì che Coco andava a cercare il rigore della camicia maschile, i colli strutturati, le proporzioni pensate per il corpo maschile che lei avrebbe poi svuotato, alleggerito, ribaltato sul corpo femminile. Non è un dettaglio romantico: è un dato strutturale. Chanel nasce come atto di appropriazione. Blazy, scegliendo Charvet, non cita il passato: ripristina il codice sorgente.

Chanel Spring Summer 2026 Charvet camicia Matthieu Blazy

Inserire Charvet in passerella, sotto i pianeti giganti del Grand Palais della SS26, significa per Blazy tornare al codice sorgente della maison. Quelle camicie lineari e quasi ascetiche sono una dichiarazione di metodo: prendere il rigore maschile e renderlo strumento di emancipazione. Cento operazioni manuali per una singola camicia, trenta solo per il colletto, oltre ventisei misure per costruire un’identità tessile su misura. Chanel, sotto Blazy, torna a essere un’idea prima che un’immagine.

La nuova normalità del lusso: tra portabilità e trasparenza del gesto

La SS26 lavora su un concetto chiave: normalità. Ma non una normalità banale – una normalità costruita con attenzione quasi ossessiva. Polo in jersey nero assoluto, gonne a portafoglio in seta, trench in suede ispirati agli interni dell’appartamento di Coco: ogni capo sembra ovvio solo in superficie. In realtà, è il risultato di un controllo radicale della forma. Qui Blazy fa un’operazione sofisticata: sottrae spettacolarità ma non complessità. Il lusso viene spostato dalla decorazione alla qualità del gesto. Chanel smette di essere un oggetto della distanza e diventa una funzione del corpo. Non “look da sfilata”, ma abiti da vita reale costruiti come se fossero architettura.

È l’eredità più fedele alla fondatrice, che ripeteva che «la semplicità è il lusso supremo» e che aveva costruito il mito Chanel non sugli ornamenti, ma sulla libertà di movimento.

Dentro questa grammatica si inserisce uno dei gesti più acuti del Blazy di Métiers d’Art 2025/26: la quarter-zip line. In passerella compare un maglione color cammello, profilo pulito, zip corta al collo, silhouette asciutta. Un capo che non nasce in atelier, ma nei feed. È un riferimento diretto al movimento social del #quarterzip, diventato virale su TikTok: giovani che abbandonano la Nike Tech e lo streetwear per un’estetica preppy, knitted, “LinkedIn core”, matcha e disciplina visiva.

Chanel Métiers d’art 2026 New York Zip Line

A codificare il trend è Jason Gyamfi, newyorkese, autore del video virale (“We don’t do Nike Tech, we don’t do coffee – it’s straight quarter zips and matchas round here”), diventato manifesto di una micro-subcultura che ha riscritto il concetto di cool nel quotidiano urbano. Blazy intercetta questo linguaggio e lo istituzionalizza. La quarter-zip, da meme culturale, diventa struttura Chanel. Abbinata a denim perfetti e pump nere, sancisce una nuova uniforme: pulita, funzionale, desiderabile.

Il tweed liberato: da icona rigida a materia in movimento

Da decenni il tweed è uno dei codici più immediatamente riconoscibili di Chanel, spesso interpretato come divisa borghese, come un simbolo di appartenenza. Blazy ne rivoluziona l’essenza optando per tessiture più leggere, dinamiche, quasi orizzontali. Non lo decompone: lo libera.

Il tweed della SS26 e della Métiers d’Art 2025/26 non è più un tessuto “a griglia”. È un materiale vivo, che accetta la stratificazione e si muove con il corpo. È pensato per essere vissuto, non venerato. È forse la trasformazione, più radicale e più silenziosa, del nuovo corso Chanel.

Chanel Métiers d’art 2026 New York Tweed

Una couture che non ostenta: Métiers d’Art e l’evoluzione delle borse

La Métiers d’Art 2025/26 è il punto in cui Blazy rende esplicita la propria visione di lusso contemporaneo: trasformare l’artigianato da linguaggio decorativo a infrastruttura narrativa. Lemarié, Lesage, Montex non vengono utilizzati come ornamento, ma come tecnologia.

Le piume diventano volume architettonico; l’astrakan viene reinventato senza pelliccia; le superfici scolpite rimandano a Stephen Sprouse senza cadere nella citazione. Ma è nel sistema borse che questa idea diventa tangibile. Le bags della collezione raccontano una Chanel che oscilla tra new classic e surrealismo urbano. Maxi clutch oversize, ingrandite e appiattite come oggetti di design, convivono con nuove variazioni della iconica Flap.

Chanel Métiers d’art 2026 New York borse bag Matthieu Blazy

Appaiono minaudières gioiello a forma di mela, omaggio diretto a New York, e clutch modellate come bicchieri da coffee to-go. Le Flap diventano animali: teste scolpite, zampe dorate, silhouette ibride. Il leopardato invade anche gli accessori: maxi flap in jacquard leopard, Chanel 25 in pony hair effetto ghepardo. Il suede domina superfici e nuove forme. Non sono solo borse: sono micro-architetture portatili. Non decorano il look, ne diventano il dispositivo narrativo.

New York come cinema: la subway e la riscrittura del gesto scenico

Presentare la collezione su una piattaforma della subway di New York ha generato reazioni contrastanti. Eppure la scelta di Blazy non è realismo urbano, ma cinema puro. Il riferimento è il primo viaggio di Coco Chanel negli Stati Uniti nel 1931, quando scoprì che le donne americane indossavano già il suo vocabolario con una spontaneità sorprendente. La metro diventa un luogo di intersezione narrativa, in cui studenti, dirigenti, socialite e personaggi pop (persino Spider-Man) convivono come figure immaginarie. Chanel non osserva la città: la interpreta. E per la prima volta abbraccia una moltitudine culturale senza mediazioni.

Chanel sfilata Métiers d

Bhavitha Mandava: una storia che incarna la nuova Chanel

In questo scenario si inserisce la figura di Bhavitha Mandava, la prima modella indiana ad aprire una sfilata Chanel. La sua storia è già leggenda: 25 anni, due lauree – una in architettura in India, una in Interactive Design and Media alla NYU – e un incontro casuale in una metro newyorkese, dove venne notata per la sua presenza magnetica. Due settimane dopo l’avvistamento debutta da Bottega Veneta, poi posa per la campagna, passa da Dior e Courrèges, fino al ritorno con Blazy per Chanel. Aprire la Métiers d’Art 2025/26 – proprio nella stessa subway in cui è stata scoperta – la consacra come volto chiave del nuovo corso.

Bhavitha Mandava Chanel Métiers d’art 2026 New York Metro modella indiana

Il suo look di apertura, T-shirt bianca, quarter-zip, denim e borsa in suede, incarna la visione di Blazy: una couture che sa essere casual, una sofisticazione non imposta. Ed è significativo che la prima e l’ultima modella di una sfilata Chanel abbiano tradizionalmente un ruolo simbolico. Nel suo caso, l’emozione è amplificata dalla sua storia familiare: i video della reazione dei genitori sono diventati virali, rivelando quanto Chanel possa ancora raccontare, oltre alla moda, narrative personali di forza, migrazione e autodeterminazione. Bhavitha è la prova che Chanel, oggi, non parla più soltanto al suo passato: parla al mondo.

Dal debutto alla consolidazione: cosa unisce SS26 e Métiers d’Art 2025/26

Nonostante le differenze di ambientazione, le due collezioni contengono una coerenza sorprendente. Entrambe definiscono una Chanel che non vuole impressionare, ma convincere; che non celebra la propria iconografia, ma la rimette in discussione; che non cerca una donna ideale, ma una donna reale. La SS26 stabilisce la grammatica: essenzialità, portabilità, rigore materico, ritorno alle origini senza nostalgia. La Métiers d’Art la espande: profondità narrativa, nuove icone, architetture sartoriali, multiculturalità come valore intrinseco.

Matthieu Blazy non sta rivoluzionando Chanel: la sta riportando al suo DNA più radicale. E in mezzo a questo processo, un volto come quello di Bhavitha Mandava diventa simbolico: non la musa da atelier, ma la figura di una nuova generazione globale che Chanel vuole rappresentare. Se Coco aveva dato alle donne gli strumenti per muoversi nel mondo, Blazy cerca oggi di restituire loro lo spazio per abitare il reale. Non è un’evoluzione estetica: è un nuovo inizio.

Chanel Spring Summer 2026 Matthieu Blazy

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