Perché la moda finanzia l’arte?
STYLE
18 Aprile 2025
Articolo di
Michela Frau
Perché la moda finanzia l’arte?
Tra le tante forme che può assumere il rapporto tra arte e moda, ce n’è una in particolare di cui si è parlato molto negli ultimi tempi e che porterà la Fashion Gallery del Victoria & Albert Museum a cambiare nome. La sezione del museo dedicata alla moda chiuderà infatti a maggio per riaprire, rinnovata, nel 2027 sotto il nome di The Burberry Gallery. Un progetto, quello di riqualificazione degli spazi del museo londinese, che andrà avanti per due anni grazie al supporto finanziario — come chiaramente indicato dal nuovo nome — del marchio britannico. Ma questa è solo una delle numerose opere di mecenatismo che la moda ha condotto negli ultimi anni a favore dell’arte.
Solo pochi giorni prima, in occasione dell’inaugurazione del nuovo flagship milanese in Via Montenapoleone, Bulgari ha svelato un progetto da 900 mila euro che la vede impegnata in veste di promotrice dell’ampliamento del Museo del Novecento. L’iniziativa si aggiunge a quelle che la maison di gioielleria ha portato avanti negli anni nella sua città, dove, con un contributo di 1,5 milioni di euro, ha finanziato il restauro della celebre scalinata di Trinità dei Monti.
Sempre alla Capitale hanno rivolto lo sguardo anche Tod’s e Fendi. Se il gruppo di Diego Della Valle ha partecipato con un finanziamento da 25 milioni al restauro del Colosseo, la maison romana — che ha appena svelato la riqualificazione della Grotta di Diana a Villa d’Este, a Tivoli, restituendola così al pubblico dopo cinquant’anni — ha invece firmato, sempre nella Città Eterna, il progetto dedicato alla Fontana di Trevi, che a sua volta ha dato il via all’iniziativa Fendi for Fountains, costata complessivamente 2,5 milioni di euro.
«Un restauro così importante non avrebbe potuto essere sostenuto dalla pubblica amministrazione senza il sostanziale apporto della maison Fendi, attraverso un’inedita collaborazione», ha dichiarato il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce a proposito del progetto, sottolineando come questa tipologia di iniziative, in cui pubblico e privato agiscono in sinergia, sia in realtà fondamentale per la salvaguardia del patrimonio del nostro Paese. Un tesoro inestimabile che rischierebbe di andare perduto se affidato esclusivamente alle possibilità della pubblica amministrazione.
Una posizione condivisa anche da Diego Della Valle, che in un’intervista rilasciata al Corriere ha auspicato la creazione di uno sportello presso il ministero, dove pubblico e privato possano incontrarsi. «Come se questo ministero diventasse una banca d’affari per le esigenze culturali. Pregherei i puristi di non scandalizzarsi se il mondo dell’imprenditoria si avvicina ai monumenti», ha spiegato il manager al quotidiano.
Senza il gruppo OTB, il Ponte di Rialto a Venezia sarebbe mai tornato al suo originario splendore? Difficile dirlo con certezza, ma è un dato di fatto che, grazie ai 5 milioni messi sul piatto dal gruppo di Renzo Rosso, quello che è uno dei simboli della città lagunare è stato sottoposto a un progetto di restauro conclusosi nel 2021: la prima opera di riqualificazione completa da quando il Ponte fu costruito, nel 1590.
La lista è lunga. Ci sono poi Ferragamo, che con 1,5 milioni di euro ha finanziato il restauro della Fontana del Nettuno nella sua Firenze, e Prada—protagonista di numerosi progetti di mecenatismo—che si è spinta oltre i confini nazionali contribuendo al recupero della storica residenza Rong Zhai a Shanghai. Quest’ultima, trasformata in uno spazio flessibile per eventi culturali, mostre d’arte e presentazioni di moda, rappresenta un esempio emblematico di come tali progetti possano fungere da ponte tra culture (e quindi tra mercati).
Ma se è evidente quanto le opere possano beneficiare di questa tipologia di iniziative—cosa che risulta ancora più chiara in situazioni di emergenza, come quella scaturita dall’incendio che ha colpito la cattedrale di Notre-Dame, e che ha visto i colossi del lusso accorrere in supporto con contributi milionari (100 milioni messi a disposizione da Kering, 200 da LVMH)—viene spontaneo chiedersi: perché le maison finanziano questi progetti?
Mecenatismo: i benefici per le maison
«La cultura è anche un fattore di business: quando milioni di turisti arrivano in Italia e vedono il nostro “lifestyle”, vuol dire che vedono un bel monumento, ma anche tutte quelle cose che qui si possono produrre, dalle piccole e medie aziende artigianali, anche a conduzione familiare. Questo si può considerare un enorme “volano” per l’economia del nostro Paese. Le imprese devono essere responsabili, diventando un esempio». Risponde così a Vogue Diego Della Valle che, interrogato sul perché sia importante investire nella cultura, ha evidenziato l’impatto economico che iniziative di questo tipo possono generare, sia per le aziende del Paese in generale, sia per le maison che se ne fanno promotrici.
Secondo uno studio di Kantar, i brand con un’elevata rilevanza culturale crescono in media sei volte di più rispetto a quelli il cui impatto nella cultura è più basso. Impossibile, a questo proposito, non pensare al successo di maison come la già citata Prada, o la spagnola Loewe, la cui storia di successo si intreccia profondamente con il mondo dell’arte.
Entrare in contesti diversi da quello della moda consente alle maison di aumentare la propria rilevanza, preservare e valorizzare la propria legacy (o quella del fondatore), legando il proprio nome a monumenti storici di inestimabile valore. Un effetto immediato è la creazione di una relazione più profonda con i consumatori—il che può avere un impatto positivo anche sulle vendite—che si riconosceranno nei valori del marchio raccontati attraverso il supporto alla riqualificazione di tali opere.
Il rapporto, quindi, è biunivoco: se da un lato i brand possono accrescere il proprio valore percepito avvicinandosi al prestigio di cui gode il mondo dell’arte, è altresì vero che l’arte ha bisogno di un supporto economico che le griffe sono pronte a offrire.
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