Perché i brand non vogliono sfilare a settembre?
STYLE
30 Luglio 2025
Articolo di
Michela Frau
Perché i brand non vogliono sfilare a settembre?
Coup de théâtre: Versace non sfilerà a settembre. Sebbene non sia ancora stato diffuso il calendario della Fashion Week di Milano, in programma dal 23 al 29 settembre (mentre quelli di New York, Londra e Parigi sono già stati rilasciati), è notizia certa che Dario Vitale non farà il suo debutto alla guida della maison della Medusa con uno show. L’atto primo del nuovo corso del marchio recentemente acquisito da Prada con un’operazione da 1,25 miliardi di euro, verrà quindi svelato con una presentazione intima che, come riportato da WWD, «renderà omaggio al passato e lancerà lo sguardo sul futuro».
Una scelta, quella di saltare l’appuntamento di settembre, che fa seguito alla decisione di Gucci di attendere fino a marzo 2026 per rivelare quel che sarà il nuovo capitolo firmato da Demna. Viene quindi naturale chiedersi: perché (alcuni) brand stanno disertando il calendario di settembre? Le risposte possibili sono molteplici.
Dario Vitale
Prima fra tutte, evitare il rischio di essere oscurati dai numerosi (e attesissimi) debutti in programma per il prossimo Fashion Month: da Louise Trotter da Bottega Veneta, Simone Bellotti da Jil Sander per quanto riguarda Milano, fino a Jonathan Anderson alla sua prima prova per la donna Dior, Pierpaolo Piccioli da Balenciaga, Glenn Martens da Maison Margiela e Matthieu Blazy da Chanel (giusto per citarne alcuni). Attendere, quindi, significa anche prendersi il giusto spazio. Ma soprattutto, significa anche rispettare il tempo della creatività, quello necessario per immergersi nell’heritage di un brand, scoprirne i codici e sopratutto i valori, elaborarli e restituirli al mondo in una nuova veste, personale e al contempo rispettosa.
Un discorso, nel caso di Versace, che non coinvolge solo la creatività ma anche la proprietà, dal momento che il passaggio dall’americana Capri all’italianissima Prada è stato ufficialmente annunciato solo tre mesi fa. Un doppio cambio che richiede il giusto tempo per essere elaborato. «Versace ha un potenziale enorme. Il cammino sarà molto lungo e richiederà pazienza e disciplina nell’esecuzione. L’evoluzione di un marchio necessita di tempo e di cura continua», aveva a proposito dichiarato il CEO Andrea Guerra, anticipando l’approccio che il gruppo milanese avrebbe adottato con il neoarrivato.
Ultimo, ma non meno importante, vista la complessità del momento, l’aspetto economico. Organizzare uno show significa mettere in campo un’ingente somma di denaro – secondo uno studio di McKinsey & Co, un défilé può costare dai 200 mila dollari a un milione, cifra in alcuni casi ampiamente superata – ed esporsi in modo (forse) più diretto alle possibili critiche della stampa.
Dall’altro lato, il format delle presentazioni consente di raccontare in modo dettagliato e con una certa enfasi la genesi di un progetto, aiutando sia a creare un legame emotivo con i pochi fortunati invitati sia (soprattutto) a spiegare il valore di un prodotto (giustificandone così anche il prezzo). E da quel abbiamo capito negli ultimi tempi, questa oggi è la grande sfida della moda.
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