Sette, sottili e delicate, lettere in corsivo ricamate sulle camicie Chanel raccontano la storia di una (per alcuni, senza esitazione, la prima della lista) tra le camicerie più famose e antiche al mondo. Era il 1838 quando Joseph-Christophe Charvet aprì le porte di quello che divenne negli anni, un indirizzo sacro per chiunque tra uomini politici e illustri intellettuali, volesse acquistare una camicia su misura che fosse emblema di qualità e tradizione sartoriale.

Dalla parte di Joseph-Christophe, oltre all’intuito di aver compreso quanto il mercato delle camicie potesse essere redditizio, anche il buon gusto di famiglia: un talento ereditario, coltivato nella fabbrica della famiglia Charvet, specializzata nella tessitura di tessuti innovativi, e del quale si accorse persino Napoleone Bonaparte, che affidò a suo padre, Jean-Pierre, le cure del suo guardaroba. Oggi talento, intuito e buon gusto continuano a essere custoditi al numero 28 di Place Vendôme a Parigi, dove i fratelli Jean-Claude e Anne-Marie Colban portano avanti la storia di Charvet (rilevato dai loro genitori nel 1964).

Dal popeline al piqué di cotone, al lino, al twill. Metri e metri di pregiato tessuto, proposto in altrettante varianti di colore, tonalità e fantasia, sono riposti con cura nei centinaia di rotoli posati sugli scaffali, in attesa di essere notati dai numerosi e fedelissimi clienti dell’atelier. Tra questi il re d’Inghilterra Edoardo VIII, il presidente John F. Kennedy, e più recentemente Barack Obama. Passando poi per Oscar Wilde, Charles Baudelaire, Jean Cocteau, fino a Claude Monet e Henri Matisse. E poi Yves Saint Laurent e Coco Chanel.

Non è un caso, quindi, se Matthieu Blazy per la sua attesissima collezione di debutto alla guida della maison francese, abbia portato in passerella tra i grandi pianeti colorati del Grand Palais, lineari e deliziose camicie firmate Charvet, dichiarazione di intenti (sul suo approccio alla direzione creativa), ma anche memoria dell’amore che Madame Coco nutriva per le creazioni originarie di Place Vendôme. Lì comprava i regali per il suo Boy Capel, e sempre lì decise di far confezionare le camicie firmate Chanel, certa della cura, dell’attenzione ai dettagli e della qualità che l’atelier avrebbe riposto in un capo simbolo della sua moda ispirata all’universo maschile.

Cento (come raccontato dai proprietari in un’intervista rilasciata ad Highsnobiety) le operazioni manuali necessarie per la realizzazione di una camicia, trenta delle quali solo per il colletto. Oltre ventisei, invece, le misure che occorre prendere al cliente, custodite e annotate qualora desiderasse una replica della camicia.

Dopo aver scelto il modello (compresa la forma della tasca, il tipo di colletto, i bottoni, i polsini e ovviamente la tinta), il cliente potrà provare, dopo qualche settimana, il proprio prototipo, per poi quattro o cinque settimane più tardi, ricevere finalmente la camicia pronta. Da abbinare magari a una cravatta, un papillon o un fazzoletto da taschino, sempre confezionati nell’atelier di Charvet, come quelli che Alessandro Michele, all’epoca direttore creativo della casa di moda della doppia G, volle nel 2022 per il progetto digitale sperimentale Gucci Vault.