Come comunicano i brand di gioielli?
ACCESSORIES
6 Giugno 2025
Articolo di
Camilla Bordoni
Come comunicano i brand di gioielli?
Nel 1947 un copywriter di nome Frances Gerety creò per il jewelry brand De Beers lo slogan “Un diamante è per sempre”, una semplice frase ma con un messaggio comunicativo così potente che fu in grado di sconvolgere le vendite della firma e di rimanere iconica fino ad oggi. Questo episodio è forse uno dei più significativi in grado di spiegare la forza di un’intuizione potente, ma a noi serve anche per introdurre una questione. Dagli anni ’50 è indubbio che il panorama pubblicitario è cambiato quindi ci siamo chiesti: ma nel 2025 quale è la communication strategy dei marchi di gioielli?
A differenza di molte griffe che animano la moda, il mercato dei gioielli non può inseguire solamente le tendenze veloci nate sui social. D’altra parte, quando si parla di preziosi che valgono migliaia di euro, il target è necessariamente quello medio-alto e il prodotto, oltre che trasmettere qualità e artigianalità, ha l’obbligo di rappresentare (sempre) un investimento sicuro. Insomma, una collana tempestata di rubini, diamanti e zaffiri deve comunque rimanere uno statement nonostante il disegno possa risultare old fashion con il passare del tempo.
I jewelry brand quindi prima di tutto devono costruire un’immagine mitologica attorno alle proprie creazioni, un’aura sacra in grado di renderle icone (come ha fatto Hermès con la Birkin, ndr). Però attenzione: qui non si parla meramente di estetica, ma più che altro di piani e strategie che per essere impattanti ingaggiano alcuni dei volti in voga dello show biz, o che prendono in considerazione i settori trasversali in cui una collaborazione con una firma cool genererebbe un immediato hype.
Jewelry mantra: le celebrità sono la miglior pubblicità
Secondo un’analisi di Statista, nel 2025 il fatturato globale del settore dei gioielli supererà i 370 miliardi di dollari, una cifra che secondo molti analisti non è altro che la conferma che il segmento prezioso abbia individuato la strategia giusta per far leva sui consumatori che sono disposti a pagare anche un prezzo più alto per l’oggetto desiderato.
Un altro dato interessante è infatti che nel 2024 i jewelry brand hanno registrato un incremento del proprio fatturato. Un aumento dato anche dal fatto che i marchi, da quelli pensati per gli alto spendenti fino ai mass market, abbiano pensato di estendere il più possibile il loro target facendo si che maison di lusso proponessero collezione mid-level, mentre quelli di fascia inferiore accessori preziosi con un target price più elevato.
Scattata questa piccola istantanea del segmento, capire cosa abbia portato le firme di gioielli a risultati così positivi potrebbe richiedere diversi livelli di analisi. Quello su cui vogliamo concentrarci noi è l’apparato comunicativo. La pubblicità d’altra parte è l’anima del commercio, ma chiariamo subito che al di là della classica cartellonistica e delle adv campaign stampate sulla carta patinata dei magazine c’è molto di più.
Oggi, infatti, se ci sono dei posti dove i gioielli diventano protagonisti sono i red carpet e gli eventi. Dal tapis rouge di Cannes al palco di Sanremo, dai riflettori degli Oscar alle telecamere del lido di Venezia, i brand di alta gioielleria sgomitano per “vestire” le stars. Il perché è riassumibile con un esempio: un collier al collo di Zendaya o un orologio Monete in oro giallo 18 carati di Bulgari indossato da A$AP Rocky varranno sempre più di mille campagne.
Griffare volti noti, prodigi del cinema, cantanti e celebs agli eventi mondani è di fatto una delle migliori strategie per i jewelry brand per brillare, per far parlare di sé talvolta anche raggiungendo la viralità con episodi casuali o velatamente studiati. A mesi di distanza tutti ricorderanno il rumore che si era creato attorno alla collana di Tiffany & Co. di Tony Effe durante il nostro festival pop-popolare della musica italiana come, d’altra parte, molti non si saranno dimenticati di quell’orecchino Bvlgari a forma di testa di serpente con due smeraldi verdi del valore di 45 mila euro caduto ad Elodie sempre durante la kermesse qualche anno fa.
Un inconveniente, tra l’altro, successo anche recentemente a Cannes a Dakota Johnson con il suo earring di Boucheron. A prescindere dalle cadute preziose e dai polveroni per via di una presunta pubblicità occulta, per i brand di gioielli i red carpet (come i palchi) sono una vetrina in grado di rendere le loro creazioni come parte integrante di una specifica narrazione, di un mondo che li rende simboli oltre che meri ornamenti.
La comunicazione passa anche dal cinema, dalle mostre e dall’hôtellerie
Al giorno d’oggi, saper comunicare è un’arte imprescindibile per un marchio se vuole sopravvivere. Non importa se il fatturato è già importante, pure i jewelry brand sono chiamati a farlo e anche bene se vogliono attrarre sempre più pubblico. Ma come condividere i propri valori assicurandosi di tenere fedeli i propri top clients senza cadere platealmente nelle tendenze di marketing? Oltre all’endorsement delle star, infatti, le firme di gioielli hanno capito che per mettere tutti d’accordo ci sono altre strategie molto più fruttuose e coinvolgenti di un uso dei social smodato.
Stiamo parlando di progetti che vedono protagoniste special partnership, ma anche mostre e attività che coinvolgono il settore dell’hôtellerie (come il Bvlgari o l’Audemars Piguet hotel, ndr). Tutti piani questi che, se strutturati intelligentemente, riescono ad aumentare la presenza della griffe, la sua forza e la sua appetibilità senza minarne l’immagine complessiva e, soprattutto, senza far storcere il naso ai consumatori di fascia alta.
In precedenza abbiamo evidenziato come i tappeti rossi siano un buon palco per una firma di alta gioielleria, dal momento che può mettere in luce le sue creazioni facendole indossare da un variegato côte e soprattutto da molti degli attori protagonisti del grande schermo. Se parliamo di “partnership” è di fatto proprio con il cinema che le firme di gioielli hanno una liaison molto stretta che va ben oltre la passerella cremisi.
Negli anni, diversi jewelry brand hanno figurato all’interno di pellicole di successo, diventando iconici e aumentando così la loro allure glamour. Anche in questo caso ci sono parecchi esempi a testimonianza di ciò; come la collana Schlumberger (con 120 perle e chiusura con diamante da più di 128 carati) di Tiffany & Co. indossata da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”, o il famoso collier con i cuori di Fred Joallier sfoggiato da Julia Roberts in “Pretty Woman”. Ancora, la necklace con 1300 diamanti di Stefano Canturi portata al collo da Nicole Kidman in “Moulin Rouge”, la tiara di Tiffany & Co. realizzata per la pellicola “Il grande Gatsby” o la creazione Jeanne Touissant di Cartier prestata per “Ocenan’s 8”.
Ed infine, a confermare questo legame tra la settima arte e quella orafa ci ha pensato anche Wes Anderson, che per la sua ultima pellicola “La trama fenicia” ha commissionato sempre alla casa parigina, controllata dal gruppo Richemont, un rosario molto speciale tempestato da rubini, smeraldi e diamanti.
Cambiando asset, le esposizioni, che in passato sono state organizzate da realtà come Van Cleef & Arpels o Bvlgari, sono altresì un buon escamotage per diffondere e rimarcare l’heritage, una storia che talvolta può essere anche reinterpretata con il coinvolgimento di artisti emergenti che in tal modo possono apportare quel tocco di modernità al percorso espositivo senza tradirne la tradizione.
Se si parla di comunicazione trasversale, ancora più significative sono le collaborazioni speciali tra una maison di alta gioielleria e firme appartenenti ad altre categorie merceologiche. In questo caso, Tiffany & Co. è stato un maestro. Al di là del suo megastore in Montenapoleone a Milano con opere artistiche e dal design architettonico, è letteralmente impossibile che vi siate scordati della sua partnership con Nike.
E no, non ci riferiamo solo alle Air Force 1, ma anche allo speciale spazzolino per le sneakers e al fischietto in argento. Senza contare di quando trasformò il Bird on a Rock in una statua gigante luminosa, o il lancio della collezione di valigie ideata con Rimowa, del ciondolo iconico a cuore realizzato insieme a Supreme o del pallone esclusivo co-firmato con Daniel Arsham e Wilson.
Insomma, giunti a questo punto qual è la morale della storia? I jewelry brand sono così estranei alle social strategies o fanno finta di esserlo? La verità forse sta sempre nel mezzo. La certezza però è che se lo scopo è vendere sogni, bisogna innanzitutto saperli raccontare a regola d’arte. Con il giusto linguaggio.
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