Brianna Hollingsworth, su TikTok @lvebriaaa, è la creator che sta trasformando le passerelle in piatti “exquisite”: prende look che la colpiscono, soprattutto quelli più edge e avant-garde, e li traduce in composizioni culinarie dove colore, texture e volumi diventano ingredienti e impiattamento.

In pochi giorni il suo profilo è esploso, superando i 15mila follower in due settimane, con una community che le chiede già cene a tema e persino un cookbook. Il suo approccio nasce da una fusione creativa: sfogliando piatti fine dining su Pinterest, ha avvertito che servisse un tocco ancora più creativo.

Il primo episodio della serie è stato un Undercover autunno-inverno 2007, da cui ha estratto palette e pattern per costruire il piatto. Da lì, la formula si è affinata: non imitazioni letterali ma traduzioni, in cui ogni elemento del look trova un corrispettivo sensoriale a tavola. Il fascino del format sta proprio nella sua ibridazione: non è food styling al servizio della moda, né fan tribute. È un metalinguaggio che cattura l’esuberanza iperbolica tipica di certi runway moment, ma la rende commestibile, fotografabile, condivisibile.

Brianna racconta che osserva in dettaglio un capo — un taglio, una superficie, un materiale — e seleziona ingredienti che ne restituiscano la materia e il carattere. Il piatto non è una copia, è un’evocazione sensoriale, un’occasione per “sentire” la moda attraverso texture commestibili.

Gli abbinamenti più iconici di questa trasposizione gustativa? Un cod dish “glaciale” che riprende i toni di un look Dolce&Gabbana autunno-inverno 2006, gli spaghetti al parmigiano con funghi secchi, pepe nero e olio tartufato modellata sulle Rick Owens Cargobasket Boot, un branzino ispirato alla collezione Jean Paul Gaultier primavera-estate 2010, fino a una Prada 2003 che da accessorio cult si fa pietanza.

Sono esempi che mostrano come Hollingsworth lavori per analogie visive prima ancora che gastronomiche, restituendo al cibo la stessa forza scenica di un look fino a renderlo una mise-en-scène da assaporare. C’è poi l’omaggio a Junya Watanabe — un esercizio di forma, sperimentazione visiva, un piatto concettuale perfettamente in linea col rigore artigianale del designer giapponese. Si tratta di un dessert a base di vaniglia, ricoperto da un intenso colorante nero, ispirato a una collezione autunno-inverno 2007.

Non mancano incursioni ancora più sorprendenti, giocate sui colori e sulle suggestioni più inattese: come un orzotto alla barbabietola acceso da sfumature bordeaux, pensato a partire dalla passerella Ferrari co-ed autunno-inverno 2025-2026, o un piatto composto da caviale disposto su un letto di germogli, eco raffinato di un look Alviero Martini 2003.

La creator, in sintesi, non si limita a cavalcare il filone del food marketing che negli ultimi anni ha dominato la scena. Il suo sguardo pesca altrove: racconta di farsi ispirare anche dall’architettura brutalista, dalle linee nette e dai volumi scultorei, traducendo quella stessa radicalità in geometrie culinarie.