Cosa sta succedendo ai grandi retailer?
STYLE
29 Agosto 2025
Articolo di
Michela Frau
Cosa sta succedendo ai grandi retailer?
Prima il retailer di luso Matches, che ha chiuso i battenti lo scorso anno. Poi Farfetch, ceduta alla coreana Coupang nel tentativo di evitare il fallimento, e Yoox Net-a-Porter, rilevata nel 2024 da Mytheresa che punta ora al rilancio. A questi poi nelle scorse settimane si è aggiunta LuisaViaRoma che, dopo aver chiuso la sede di Milano aperta poco più di un anno fa, come riportato da MFF, avrebbe fatto ricorso alla ricomposizione negoziata della crisi (una procedura che consente alle aziende in difficoltà di organizzare il risanamento dei debiti con i creditori). Ora è arrivato anche il turno di SSENSE.
L’e-tailer canadese, la cui offerta incentrata prettamente su brand di ricerca emergenti lo ha reso emblema della coolness tra i giovani acquirenti (e non solo), e che pareva immune alla crisi che ha sbaragliato o messo a dura prova la stragrande maggioranza dei suoi competitor, ha dichiarato istanza di fallimento. Come riportato da BoF, l’azienda fondata nel 2003 da Rami Attallah e dai suoi fratelli avrebbe quindi chiesto di accedere al CCAA, una legge che consente alle società con debiti superiori a 5 milioni di dollari di ristrutturare i debiti continuando a operare, scongiurando così l’ipotesi della vendita forzatamente richiesta dal principale creditore dell’e-commerce. Per rassicurare i cool kids, SSENSE per ora non chiuderà, anche se occorrerà attendere ancora una settimana per avere maggiori informazioni su quel che sarà il suo destino.
Inaspettata, tanto che persino alcuni dei dipendenti intervistati da BoF hanno dichiarato di essere all’oscuro della gravità dei problemi finanziari, la notizia è stata comunicata dal management con una lettera che collegava la decisione alla politica dei dazi introdotti da Trump. Ma le motivazioni, che hanno travolto uno tra i pochi superstiti del settore sempre più fragile, sono differenti e non esclusivamente imputabili alle scelte politiche della nuova amministrazione. Se è vero che il Canada si trova ad affrontare una tariffa del 35% sulle merci spedite negli Stati Uniti (un mercato fondamentale, che secondo quanto riportato dall’account Instagram Truss, avrebbe visto scivolare le vendite del 28% nei primi sei mesi del 2025), è altresì vero che potrebbero essere molteplici i fattori che hanno portato a questo epilogo.
In primis il problema degli sconti. Se inizialmente i saldi erano uno strumento necessario per svuotare il magazzino dall’invenduto, relegati a pochi e circoscritti momenti dell’anno, nel tempo sono diventati essenziali per sostenere le vendite in calo, il che ha portato a importanti (e si spera reversibili) ripercussioni sia sul lato finanziario, con margini sempre più ridotti (difficili da recuperare anche puntando sulla quantità), sia sulle abitudini di acquisto dei consumatori, sempre meno propensi ad acquistare a prezzo pieno e rassicurati dalla certezza che, prima o poi, quel capo tanto desiderato andrà in sconto. Perché quindi comprarlo a prezzo intero? Un prezzo che, oltretutto, nella stragrande maggioranza dei casi è sicuramente lievitato negli ultimi anni. Si alimenta così un cortocircuito le cui ripercussioni vanno ulteriormente a intaccare il valore percepito dei prodotti, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Come sottolineato dall’analisi condotta da BoF, uno dei problemi di SSENSE potrebbe essere stato poi l’incapacità di adattare al delicato momento storico la strategia che lo ha portato al successo e aiutato a superare la prima fase della crisi. Se infatti inizialmente puntare a una nicchia di consumatori – in questo caso i più giovani – si era rivelata la scelta vincente per conquistare una redditizia fetta di mercato e distinguersi dai competitor, nel momento in cui Gen Z e Millennial hanno visto il loro potere d’acquisto, esploso nel post-pandemia, scivolare vertiginosamente, quella stessa strategia è diventata un’arma a doppio taglio.
Che ne sarà ora di SSENSE? «Il nostro obiettivo rimane chiaro: proteggere il valore, stabilizzare l’azienda e predisporre un piano di ristrutturazione per garantire il nostro futuro», ha dichiarato il CEO e founder Attallah. La palla passa ora al Tribunale, che deciderà come procedere.
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