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27 Aprile 2023

Articolo di

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Redazione

A cosa servono le collaborazioni tra luxury e fast fashion?

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27 Aprile 2023

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Redazione
Mugler H&M Collaborazioni brand Luxury Fast Fashion

A cosa servono le collaborazioni tra luxury e fast fashion?

Sempre più spesso ci capita di assistere al lancio di collaborazioni tra i grandi retailer del fast fashion e i brand high-end, o di fascia media, che trainano il mercato nei loro segmenti di competenza. A dare il via a tutto ciò, ci ha pensato il colosso fast fashion H&M, il cui scopo, sin dal primo momento, è stato quello di “democratizzare la moda” che fin troppo spesso è stata rigida ed elitaria.

Proprio H&M, che vanta un portafoglio collaborativo vastissimo, nel 2004 scelse addirittura Karl Lagerfeld per lanciare la prima linea tra un retailer fast fashion e un designer di tale calibro. La decisione di unire i due mondi fu una mossa che sconvolse il panorama fashion, soprattutto perché nel 2004 la moda era fortemente elitaria e chiusa, rendendo l’esclusività una feature aggiuntiva. Da questa collaborazione nacquero cappotti in cashmere, giacche con strass, T-shirt, e vari capi che seguivano gli stilemi creativi di Lagerfeld. Questa fissò il livello di tutte le altre collaborazioni che ne derivarono.

Successivamente, il retailer fast fashion accolse Comme des Garçons nel 2008, guidato dalla visionaria Rei Kawakubo, creando un’idea di streetwear genderless e libera. Con questa collezione nasce l’hype reale, quello che ha costretto persone ad accamparsi fuori ai negozi, o a stare le ore online in coda. Lanvin, Maison Margiela, Balmain, Kenzo, Versace, Moschino, Giambattista Valli e ora Mugler sono solo i nomi principali che, negli anni, si sono legati al fast fashion.

La linea di H&M è chiara, piccole capsule collection che rappresentano delle vere e proprie chicche, mantenendo inalterati gli stilemi delle maison con cui decide di collaborare, e rendendo accessibili, almeno per un momento, le loro linee al grande pubblico.

A differenza dello stile di H&M, il marketing di Uniqlo, retailer fast fashion di origini giapponesi, predilige collaborazioni con designer e brand di media o alta fascia da perseguire con continuità nel tempo. Infatti, buona parte delle partnership vengono rinnovate stagione dopo stagione. Dal 2017 prosegue la partnership con JW Anderson che è anche direttore creativo di LOEWE, e ogni stagione, seguendo i trend del momento, si cerca di offrire al pubblico del fast fashion, ma anche a coloro che apprezzano l’estro creativo di Anderson, nuovi capi semplici ma trendy, e con tocchi high end, magari in texture, grafiche, fantasie.

Lo stesso vale per Jil Sander e Marni, nel 2009 nasce la relazione di Uniqlo con Jil Sander diviso per capitoli. Il secondo, e più recente, ha avuto inizio proprio per la FW2020, per poi concludersi con la FW2021, ed è anche stata una delle più apprezzate, proprio perché Jil Sander non ha rinunciato alla sartoriali che contraddistingue i suoi volumi, e i design evergreen della linea +J.

Per quanto riguarda Marni, invece, il marchio guidato da Francesco Risso ha collaborato con Uniqlo sia per la FW che per la SS 2022, e ancora una volta ciò che è stato più apprezzato del fast fashion curato di Uniqlo è stata proprio la discrezionalità, l’essenzialità nei tagli, il modo in cui ciascun brand può valorizzare la propria anima fondendosi a Uniqlo.

Zara, invece, si iscrive all’elenco di retailer fast fashion che hanno scelto designer e marchi di fascia medio-alta per collaborare. La sua incursione nel luxury, almeno per ciò che riguarda il mainstream, inizia con la linea con Kassl Editions in occasione del Salone del Mobile milanese, e per l’occasione, oltre a abiti, tra cui l’iconico capospalla in total leather dal costo di oltre 1.000 euro, furono rilasciati anche pezzi d’arredamento.

Più di recente, ha scelto ADER Error, uno dei brand coreani più promettenti, per lanciare più di una linea linea in collaborazione, le proposte si rifanno alla linea del marchio, con tratti oversize ma rigorosi e geometrici. Anche Clarks è stata diffusa al grande pubblico del fast fashion, scegliendo proprio Zara come partner, proponendo gli iconici stivali Wallabee e Desert con suole chunky, tonalità cromatiche Pop, e finishing in cavallino.

La linea di pensiero è molto simile a quella del marchio svedese: capsule collection che siano accessibili al grande pubblico, ma senza certezza di continuità, per preservare, in un certo senso, l’allure esclusivistico del marchio con cui decide di collaborare, dando così modo, ai propri acquirenti, di possedere qualcosa di limitato, almeno per la filiera del fast fashion a cui appartiene.

L’ultima incursione riguarda, invece, PULL&BEAR, dopo numerose collaborazioni con serie TV e telefilm, cartoon, varie ed eventuali, si è affacciato al mondo Wrangler per lanciare la prima partnership con un marchio di fascia media. Per l’occasione, le tonalità sono quelle off-white e crema per lei, e raw denim per lui, lo scopo è di ridurre la quantità di acqua utilizzata per produrre il denim, in un’ottica di maggiore sostenibilità per i brand fast fashion. La linea vede la presenza di capi gorpcore e con tasconi, al passo con le tendenze del momento.

A differenza delle altre, Wrangler non presenta linee così esclusive, ma anzi, collezioni permanenti che si attestano su una fascia di prezzo medio alta. In questo caso, i prezzi restano di fascia media, ma lo scopo è molto più subliminale, ovvero quello di abbracciare una maggiore sensibilità all’ambiente, proponendo capi che non siano in edizione limitata ma più accessibili alle taschee dei suoi clienti abituali, con un occhio di riguardo rispetto a realtà che non siano fast fashion.

@idunnvollan Advertisment// The collection Wrangler x Pull&Bear is out now! @Pull&Bear ♬ Around Me – Metro Boomin

Tre strategie diverse, dunque, ma che perseguono lo stesso identico scopo: aprire al grande pubblico qualcosa che, per mesi, resta un oggetto del desiderio. Immaginare capsule collection che siano letteralmente un piccolo boccone di una realtà più vasta, e fondamentalmente luxury, è una visione che sicuramente attrae i più, ma che forse a lungo andare non è poi così sostenibile. Al contrario, offrire continuità, all’intento della propria gamma di prodotti, a designer e brand, può garantire standard produttivi più alti e sostenibili, riducendo le critiche che spesso attanagliano il mondo del fast fashion.

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