La moda punta sull’operazione nostalgia
STYLE
4 Settembre 2025
Articolo di
Camilla Bordoni
La moda punta sull’operazione nostalgia
Nel fashion system c’è chi è fermamente convinto che la moda guardi al futuro, che le tendenze che nascono di stagione in stagione siano l’espressione di un gusto proiettato in avanti. Eppure esaminando alcune campagne più recenti (e non solo) sembra piuttosto che i brand abbiano deciso di riavvolgere il nastro, immergendosi in un passato che si fa promotore di una memoria estetica, diventando altresì una leva commerciale potentissima.
Chi ha visto l’ultima campagna adv di Giorgio Armani girata con una piccola videocamera avrà sicuramente pensato di star guardando un filmato d’archivio, con quella grana imprecisa che richiama gli anni ‘80 e che riporta alla mente quella classe viscerale di un giovane Richard Gere in American Gigolò. Si tratta dell’effetto nostalgia, una strategia emotiva che punta a coinvolgere il consumatore attraverso immagini, reference e sensazioni già viste e vissute con l’obiettivo di trasformare il desiderio in acquisto.
L’obiettivo di scavare nel passato per fortificare il legame con i consumatori attraverso progetti di valorizzazione culturale emerge poi da un’altra iniziativa della maison italiana chiamata Armani/Archivio: una piattaforma digitale che raccoglie migliaia di look provenienti dalle collezioni del passato, con lo scopo di condividere il patrimonio storico aziendale.
Non è un caso dunque che anche tutti i grandi marchi abbiano deciso di flirtare con il passato per conquistare il presente. Prendiamo Mugler, che nella sua ultima campagna con Kendall Jenner rievoca le atmosfere drammaticamente teatrali e couture dello show alta moda della primavera-estate 1997, un risultato ottenuto grazie a quell’abito farfalla iconico e animalesco, sinonimo di esagerazione e sensualità visionaria.
Oppure Valentino, che ha scelto di scattare la propria campagna Fall ambientandola in un set anni ’60, senza contare del “new look” di casa Dior ora guidata da Jonathan Anderson, che ultimamente sta anticipando quella che potrebbe essere l’estetica della linea donna. Molto retrò, molto Christian Dior del dopoguerra come ha dimostrato Sabrina Carpenter e molto settecentesca come ha evidenziato Alba Rohrwacher sull’ultimo red carpet del festival di Venezia.
Di fatto, queste operazioni non sono nostalgiche per il puro scopo di esserlo; sono piuttosto un modo con cui i marchi possono rievocare un’aurea specifica rendendola un revival.
La nostalgia va in mostra
La nostalgia può trasformarsi in una experience? Assolutamente sì, e per farlo basta metterla in mostra. Oggi sempre più griffe organizzano delle vere retrospettive che mettono in esposizione le proprie memorie fatte ad abito, trasformando così il passato in un evento contemporaneo.
Di esempi da portarvi ce ne sono parecchi a partire dall’exhibition dedicata a Cristóbal Balenciaga, quella di Armani Privé, che ha voluto celebrare la forza della couture come linguaggio eterno. Ancora, quelle di Dolce&Gabbana, di Alaïa, o la futura mostra alla National Gallery of Victoria di Melbourne Vivienne Westwood /Rei Kawakubo oppure quella al MoMu dedicata ai The Antwerp Six.
È vero, le esposizioni dei brand hanno un carattere istruttivo e si fanno carico di mantenere vivo delle tappe fondamentale e dei particolari momenti storici della casa, ma quello che fanno è anche indirizzare il pubblico verso una dimensione emotiva in cui la firma è memoria e altresì nostalgia vestita bene.
Quando i social fanno da archivio
E se ora vi dicessimo che per subire il fascino dell’effetto nostalgia potrebbe bastare aprire Instagram o TikTok? Ebbene sì, si parla tanto sui social di moda d’avanguardia eppure le pagine che riportano vecchie sfilate, campagne leggendarie, backstage inediti hanno anche parecchio seguito, talvolta di più di quelle di designer che propongono un sense of style “avanguardistico” slegato dalle tendenze di mercato.
Gli archivi digitali etichettati come tributi a uno stilista sono ormai diventati un fenomeno che fa crescere la mitologia di un marchio e che fa innamorare le nuove generazioni di uno stile passato, talvolta considerato più autentico e distinto. Tuttavia tale nostalgia potrebbe essere un’arma a doppio taglio dal momento che influenzerebbe i gusti del consumatore e quindi porterebbe gli asset economici e i designer ad adattarsi di conseguenza alle richieste del target. Il rischio però è quello di entrare in un circolo di ripetitività e continuità delle collezioni stesse. Se avete seguito alcune sfilate, avrete infatti notato che alcuni capi sembrano citazioni dirette di passerelle del passato.
La nostalgia, insomma, è diventata il carburante della moda? Sì e no, dopotutto in nessun modo si dovrebbe demonizzarla, considerando che il lusso non è solo novità ma anche senso di appartenenza storica. La nostalgia può essere proficua e non solo un mero rifugio malinconico, né una strategia marketing, se viene usata per produrre qualcosa di inedito. Qualcosa che susciti le stesse emozioni del passato ma con quel twist in più che possa davvero stupire e inneggiare al groundbreaking.
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