FOOTWEAR

14 Febbraio 2020

Articolo di

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Redazione

Made in Italy e rivoluzione digitale: Sviluppi futuri nel mondo del design

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14 Febbraio 2020

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Redazione

Made in Italy e rivoluzione digitale: Sviluppi futuri nel mondo del design

Oggi siamo a Montebelluna, epicentro mondiale della calzatura sportiva, facciamo il punto con Claudio Franco, footwear designer e fondatore dello studio Design&Develop.


Disegno, sviluppo e produzione di calzature. Il tuo studio offre un servizio completo. Come è cambiato negli anni il tuo settore per assecondare il mercato?



Quando cominciai, 40 anni fa, si partiva sempre dal prodotto: product driven innovation. Un materiale rivoluzionario, un’innovazione tecnologica o un nuovo processo, ispiravano soluzioni inedite dalle quali scaturivano le novità.
Pelle, coltello, forma, gesso, carta vetrata. A testa bassa ci si metteva al lavoro, a sperimentare, mossi da una grande passione e curiosità e sostenuti da un know-how tramandato da generazioni. Di quei tempi l’unico a sporcarsi le mani era, letteralmente, il modellista.
Per risparmiare tempo e denaro in modelleria ad un certo punto si pensò di rappresentare le nuove idee attraverso un disegno, da mettere al vaglio del committente prima di procedere con un primo campione. Nasceva la figura del designer.
Nel corso degli anni i designers hanno acquisito rilevanza sempre maggiore perchè capaci di tastare il polso del mercato e filtrare la moda del momento, interpretandola a seconda delle richieste del cliente.
Oggi, nell’era dei social media e dei big data, si parte da ancor più lontano: si parte da un perchè. Che particolare emozione spinge a comprare un prodotto anzichè un altro? Chi avrebbe azzardato dire, prima dell’avvento dell’iPhone, che saremmo stati disposti a pagare 1000 euro per un telefono? La verità è che, oltre ad un telefono all’avanguardia, acquistiamo anche una filosofia nuova, uno stile di vita, un senso di appartenenza. Valori aggiunti, reali o percepiti, essenziali nel decision making.
Oggi è l‘ufficio marketing che consegna il briefing all’ ufficio stile, e non viceversa: market driven innovation.

Footwear Design Design&Develop

Per rimanere competitivi nella frenesia moderna, che sfide ci attendono in futuro?



Il futuro è di chi riuscirà ad abbracciare la rivoluzione digitale e presentare i prodotti al pubblico in forma virtuale attraverso accurati modelli tridimensionali. La cassa di risonanza dei social networks permetterà di capire se una scarpa funziona ben prima di realizzarla e di reagire alla risposta del mercato in tempi brevissimi.
Lo stesso modello virtuale potrà venir poi utilizzato nella campagna vendite, limitando la produzione dei campionari, e in seguito per advertisement, e-commerce, e-sports, personalizzazioni: infinite combinazioni a portata di click.
I grandi colossi della moda e dello sportswear già utilizzano estensivamente il 3D e i brand minori si stanno gradualmente allineando. Gli studi di design, quindi, per essere competitivi, dovranno fornire al committente anche la versione virtuale delle proprie creazioni. Oggi è un plus molto apprezzato ma presto sarà un must sottinteso.


Molto interessante. Nel caso specifico del tuo studio, come vi state attrezzando per fronteggiare questa evoluzione?



Ho sempre creduto nella modellazione virtuale e in genere nelle nuove tecnologie. Già nel lontano 1995 comprai il primo CAD 3D, ricordo che costava come un appartamento. Nella nostra zona solo Nordica, marchio storico di attrezzatura per la montagna, possedeva un software simile e per farlo girare aveva assunto un ingegnere NASA, catapultato a Montebelluna direttamente dagli USA.
Ogni nuova tecnologia percorre lo stesso sentiero nel giungere a noi: parte dall’industria aerospaziale, passa per quella aeronautica, poi automotive, moda ed infine footwear. Sta succedendo con la modellazione 3D, ormai giunta a destinazione, e succederà in futuro nell’automazione robotica.
All’interno del nostro studio, oltre ad utilizzare tutti i più importanti software di modellazione 3D sul mercato, abbiamo sviluppato un software ad hoc per la calzatura. Si chiama Jevero ed è un plug-in per Rhino. Ci permette di disegnare con agilità i modelli, integrando forme, suole e tomaie. Di sviluppare rapidamente prototipi attraverso l’esportazione di files compatibili con tutte le macchine da taglio sul mercato. Ed infine di prepararci per la produzione, generando tutte le taglie e calcolando i prezzi del prodotto finito. Tutto questo e molto di più. Jevero ci è stato commissionato da adidas, che ne ha finanziato lo sviluppo e ha già espresso feedback molto positivi. Tanto che ci ha già chiesto di lavorare su un nuovo software, ancor più evoluto.

Footwear Design Design&Develop

Innovazione, qualità, gusto. Tutti sinonimi del made in Italy. Come sfruttarli al meglio?



La carta vincente del Made in Italy, secondo me, sta nel design e la produzione di prodotti di nicchia, siano essi sneakers di eccellente qualità o prodotti tecnologicamente avanzati dalle performance ineguagliabili. Qualità quindi, piuttosto che quantità.
Si tratta di un business model adeguato alla morfologia industriale di questa zona, dove gli studi di design e gli R&D aziendali sono la mente e una vasta rete di terzisti sono il corpo.
Si tratta della tipica struttura a grappolo del nostro distretto, esempio di efficienza e perciò oggetto di studio in tutto il mondo (vi sono quasi 30 tesi di laurea sul Distretto Calzaturiero di Asolo e Montebelluna, è possibile consultarle facendo visita al pittoresco Museo dello scarpone e della calzatura sportiva).
In altre parole, qui all’interno del nostro studio concepiamo le idee, ma per svilupparle ci affidiamo a molti collaboratori esterni, altamente specializzati, i quali sanno eseguire al meglio specifiche lavorazioni (taglio, orlatura, montaggio e molto altro...) o forniscono componenti di altissima qualità e ricercatezza (suole, lacci, materiali tecnici...).
Stimolati dalla competizione, sempre aggiornati, creativi, dinamici e versatili nel cambiamento, i terzisti sono partners perfetti. A noi spetta la gestione, come fossimo i direttori di una talentuosa orchestra.
La produzione made in Asolo e Montebelluna è frutto della collaborazione di una rete di imprese dell’indotto e questa è una differenza sostanziale rispetto alle grandi aziende estere, principalmente asiatiche, dove tutto avviene all’interno di un unico immenso stabilimento: un vantaggio dal punto di vista della logistica e dei costi ma un freno all’innovazione ed alla varietà.

Footwear Design Design&Develop

La corsa al ribasso dei prezzi in Asia è uno scenario apocalittico per il made in Italy, come sopravvivere?



La delocalizzazione industriale verso l’oriente, iniziata negli anni 80, ha lacerato il nostro distretto calzaturiero, spazzando via numerose aziende, la crisi del 2008 lo ha ridotto in fin di vita.
Ma in molti si sono rimboccati le maniche e hanno puntato su know-how e sull’innovazione tecnologica e l’automazione come punti cardine del proprio prodotto e marchio, per ridurre così al minimo l’incidenza del costo della manodopera (sul quale non siamo assolutamente competitivi rispetto all’Asia) ed offrire un inequivocabile valore aggiunto.
Tanti sforzi ed investimenti stanno comunque cominciando a fruttare, molti brand internazionali stanno tornando nella nostra zona per piccole e medie produzioni. Qui trovano il meglio e sono disposti a pagare il giusto prezzo per questa marcia in più.
Prezzo che include, oltre a qualità ed innovazione, anche trasparenza e sostenibilità (di processi e di prodotti), diventati oggi requisiti fondamentali.

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Nell'arco della tua esperienza hai dato vita a molte creazioni: a quale spetta la medaglia d’oro?



Nel 2014 e 2015 abbiamo ottenuto la menzione d’onore dall’ ADI (Associazione per il Disegno Industriale) con lo scarpone da sci DAHU, poi premiato nel 2017 con l’ambito Compasso d‘Oro. Un grande riconoscimento al nostro incessante lavoro di ricerca tecnica e formale.
Ma forse, la più grande soddisfazione, risale a molti anni prima, al 1985, quando abbiamo disegnato, sviluppato e prodotto l’Air Jordan 2. Allora eravamo un piccolo team di giovani modellisti segregati nella fabbrica di mio fratello Giorgio.
Si è trattato di uno strepitoso lavoro di squadra, dove la poca ma densa esperienza era controbilanciata da un selvaggio entusiasmo. All‘epoca bastavano idee e voglia di fare, vi era un approcio più creativo e sperimentale al design, forse perchè non eravamo influenzati dal bombardamento mediatico, dalle statistiche e dalle tendenze.
Dopo tanti anni, non si è ancora esaurita quell’energia pura, incontaminata. Quotidianamente faccio del mio meglio per trasmetterla ai tanti giovani che lavorano qui in studio, inclusi i miei due figli, i quali a loro volta mi permettono di aprire una finestra sul domani.
Mettendo per un momento da parte le scarpe, credo sia proprio questa la mia più grande conquista: essere riuscito a dare un senso di continuità al mio operato, tra passato, presente e futuro.

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