FOOD & BEVERAGE

30 Luglio 2025

Articolo di

string(14) "Nadia Afragola"
Nadia Afragola

L’identità mediterranea di Mattia Pecis

FOOD & BEVERAGE

30 Luglio 2025

Articolo di

Nadia Afragola
Mattia Pecis chef Cracco Portofino ristorante Intervista
Vincenzo Moraca/Cracco Portofino

L’identità mediterranea di Mattia Pecis

Mattia Pecis è identità mediterranea. Di mare. Di terra. È la stella di Portofino. È il ragazzo scelto da Carlo Cracco per scrivere una storia nuova. Una storia che parte da lontano ma muove i passi più recenti in quel borgo di pescatori sulla Riviera Ligure, a sud-est di Genova, così tanto glamour il suo nome da risuonare oltreoceano.

Mattia cucina il mare. Assimila, integra, amalgama, segue uno stile di vita sano e civile. E alla civiltà dei cuochi di oggi, dovremmo farci caso quando la incontriamo. Atteggiamenti virtuosi: così ne parla la Michelin, la Bibbia dell’alta cucina, quando incontra quella sensibilità.

Mattia si sporca le mani, se può aggira i riflettori, come quel giorno, di una vita fa, in cui vestito da Domenico Dolce per calcare la passerella di Dolce&Gabbana rinunciò per timidezza. Era la settimana della moda nella Milano dei lustrini. Era una faccia d’angelo che poteva scrivere in modo completamente diverso la sua storia. Oggi lo stesso ragazzo d’oro, dai fuochi della sua cucina a Portofino, scruta l’orizzonte sgombro, respira l’aria di mare e cucina cose che sanno di mare.

Chi è Mattia Pecis?

Ah, proprio così?

Sì.

Che cosa dovrei sapere io di chi è Mattia Pecis? È un ragazzo di 29 anni con tanti sogni nel cassetto.

È un cuoco o uno chef?

Un cuoco, un cuoco. Non sono così internazionale.

Tanti sogni nel cassetto; eppure, sembra che molti li abbia realizzati.

Cosa? Sono appena all’1%. Cosa vorrei fare da grande? Sono in quel momento della vita in cui devo ancora capire cosa voglio fare da grande. Mi sembra di essere ritornato a quando avevo dodici anni e tutte le strade davanti a te potevano essere buone. Dico questo, non perché non sappia cosa voglio, ma perché il ventaglio tra cui scegliere è ampio. Il mio futuro sarà ovviamente nel mondo della ristorazione. A cucinare, a gestire ristoranti per qualcun altro. C’è un legame profondo con quello faccio e non potrebbe essere altrimenti.

Quel legame a doppia mandata è visibile anche nel profondo rapporto che la lega alla materia prima.

Mi piace tenere le mani in pasta, le mani nella terra, le mani nel mare. Ho sempre avuta questa cosa, questa predisposizione. Sono cresciuto in una casa dove mia madre da piccolo mi proibiva di mangiare qualsiasi cosa confezionata a favore del prodotto autentico, figlio del lavoro dei contadini al mercato, degli artigiani nelle botteghe. Parliamo di un modo di concepire la vita, il cibo, l’alimentazione che va ben oltre l’essere in grado di mettere due pentole sul fuoco.

Mattia Pecis chef Cracco Portofino ristorante Intervista

Cosa faceva di speciale sua madre?

La sola cosa che faceva era portarmi al mercato, a comprare la frutta, la verdura; andavamo a comprare il pesce e la carne nelle botteghe. Questa cosa mi ha sempre fatto impazzire e me la porto dietro. Ovunque io vada, nel mondo, quando arrivo in un posto nuovo la prima informazione che chiedo è sempre la stessa: dov’è il mercato?

La chiamano… ricerca.

Dei prodotti eccellenti, certo, quelli che custodiscono gelosamente tanti piccoli produttori. A 13 anni andavo già per funghi, cercavo i porcini più pregiati e poi li vendevo ai milanesi. Selezionavo quelli piccoli da quelli grossi. Andavo nel bosco da solo, senza nessuno: era quella la mia dimensione ideale. Riempivo le mie cassette e le vendevo ma non tanto per il guadagno quanto per il piacere genuino di essere protagonista di questa ricerca di una materia prima unica.

Mattia Pecis chef Cracco Portofino ristorante Intervista orto

Alla base della sua idea di cucina c’è, quindi, questo imprescindibile rapporto diretto con i suoi fornitori.

Tutto dipende da come tu intendi la cucina, da quanta importanza dai a ciò che poi metterai nel piatto. Secondo me dovrebbe essere così per tutti, no? Cioè, io non vedo la cosa come un mio personale progetto di vita, semmai c’è la volontà di aprire gli occhi alla gente, e iniziare a fare del bene a sé stessi, ai clienti, al mondo intero che ci troviamo a vivere e dovremmo imparare a rispettare un attimo di più. Difficile avere un simile approccio a livello globale, non c’è cibo a sufficienza per tutti, potremmo però ambire ad un sistema migliore. Ad una distribuzione più equa.

Lei sai di essere alla moda? Per usare un gergo giovanile, lei è in hype. Fa tendenza. Piace esteticamente, piace per quello che fa, per la sua empatia, capace di contagiare chi le sta intorno.

E pensare che non sono cambiato di una virgola negli ultimi anni. Non è che io abbia fatto qualcosa di diverso, mai cambiato per nessuno e non inizierò a farlo certo ora. Ero così quando ho iniziato a lavorare a sedici anni, con le mie passioni, le mie idee.
In questa fase della vita ho avuto la fortuna di incontrare Carlo Cracco, di lavorare con lui, conquistare la sua fiducia e un attimo dopo avere modo di esprimermi su larga scala, qui a Portofino. Non è che prima non facessi ciò che faccio oggi, diciamo che ora ho la possibilità di arrivare ad un pubblico più ampio. Però non fate l’errore di fermarvi a ciò che magari vi restituisce un profilo social, non banalizzate ciò che può solo in apparenza apparire semplice. Il lavoro che c’è dietro o c’è stato dietro è figlio di anni di gavetta, di prove, di studio. Non arriva niente dal niente. Gli sforzi fatti a Portofino, in 4 anni, per giungere al livello in cui siamo oggi sono stati enormi, da parte di tutti.

Non le chiedo come è lavorare con Carlo Cracco, le dico semmai che la percezione che si ha dall’esterno è che Carlo si fidi tanto di lei da averle lasciato carta bianca. È vero?

È sempre stato così sin dal giorno 0, qui a Portofino. Carlo non è lì a controllare, a telefonarti continuamente per sapere che piatti nuovi hai messo in carta. All’inizio la cosa mi fece quasi soffrire, sbagliando pensavo che mi avesse quasi abbandonato qui. Un po’ lo è stato, ma con il tempo ho capito che aveva calcolato tutto, perché camminassi con le mie gambe. Era certo che ce l’avrei fatta. Sapeva che su alcuni aspetti dovevo darmi una svegliata, su altri avrei dovuto imparare ad arrangiarmi, nonostante alla fine dovessi comunque rendere conto a lui. Era come se il ristorante fosse mio e l’ho sempre mandato avanti come se fosse mio e Carlo non ha mai preso posizioni diverse dalle mie… nonostante sapesse che c’era, anche se piccola, la possibilità che mandassi tutto all’aria. Dalla mia avevo una gran voglia di fare, fare qualcosa di diverso. Volevo distinguermi. E non avrei mai accettato il fallimento.

Cosa le pesava più di ogni altra cosa?

Dai il giusto valore a ciò che sto per dire. Mi pesava dover rappresentare un nome che non fosse il mio, non perché mi pesasse in sé, ma perché è qualcosa che ancora oggi ha un peso specifico importante. Hai delle responsabilità diverse, devi essere all’altezza, devi dare conto a colui che al mattino vedi riflesso nello specchio ma anche a qualcun altro che si fida e confida in te. Qualcuno che ti ha scelto e ha puntato su di te.

Da Milano a Portofino. Non le manca la grande città?

No, non mi manca e non ci tornerei a vivere. Non è Milano il problema, per molti aspetti è un trampolino di lancio unica. Diciamo che quella di Portofino è più la mia dimensione.

Mi parli della sua identità, lo faccia con un piatto.

Sicuramente il piatto che oggi mi rappresenta di più è l’orto. Una ricetta che si è evoluta nel corso degli anni e che quest’anno credo abbia raggiunto la sua espressione migliore. È frutto di un grande sforzo da parte del vero orto che abbiamo a 15’ dal ristorante e che ogni giorno mi rifornisce di prodotti stupendi. Nel piatto c’è una crema gelato di mandorle, fatta con mandorle crude, un estratto di barbabietola, anguria e 16 varietà diverse di pomodori trasformate in diverse consistenze: alcune candite, altre sotto sale, fermentate o semplicemente fresche.

Mattia Pecis chef Cracco Portofino ristorante Intervista

La sua cucina è quella parolina così tanto inflazionata da risultare quasi fuori moda, fine dining. È veramente in caduta libera come vogliono farci credere?

Non penso che la gente si sia stancata dell’alta cucina. Certo, la cucina è figlia del tempo che viviamo, segue delle mode, come per l’abbigliamento. Sono però certo che vivremo un’evoluzione, nei prossimi anni, che la porterà ad essere sempre meno accessibile.

Meno accessibile? Perché?

Perché i costi per realizzare certi piatti sono molto alti, e temo che questa situazione porterà a un aumento dei prezzi. Lo so che lo scenario non è dei migliori ma non è stata una nostra decisione, è la dura legge del mercato. L’orto che noi abbiamo e il pesce fresco che ci consegnano i pescatori costano sempre di più, e la qualità ha un prezzo. Anche i costi per lo staff sono lievitati in modo esponenziale, negli ultimi anni. Secondo me, ci sarà un ritorno a piatti più semplici, con materie prime di qualità, ma con meno fraseggi. Sarà rivisto il concetto stesso di fine dining.

Mattia Pecis chef Cracco Portofino ristorante Intervista

Prima parlava di passioni. Ne avrà qualcuna che esula dal mondo della cucina? Anche solo per riallineare i chakra.

Ne ho tantissime di passioni, fate spesso l’errore di pensare che gli chef siano solo cuochi nella loro vita e non dei normalissimi ragazzi di 29 anni. Per tornare alla sua domanda, mi piace tanto nuotare. Andare in canoa, da solo, mi rilassa tantissimo. Sono molto solitario. Poi c’è la musica. È un periodo che sono in fissa con Bob Dylan e i Rolling Stones. E da buon italiano mi piace vestire bene, mi piace guardare al mondo della moda, amo lo stile Prada. Credo che moda e cucina siano in simbiosi, viaggino su due binari paralleli. I menù cambiano come le stagioni e stilisti e chef, ogni anno, lavorano per creare nuove tendenze.

La faccia da modello ce l’ha e se le arrivasse una proposta?

In realtà è come se avessi già sfilato per l’alta moda o comunque ci sono andato vicinissimo. Era il 2016, lavoravo già in cucina ma un’agenzia mi chiamò, pensavo che fosse divertente. Mi chiesero se volessi sfilare per Dolce & Gabbana. Dissi di sì, mi vestì quel giorno Dolce, dovevo sfilare con Cameron Diaz e altri personaggi dello star system ma alla fine mi sono tirato indietro. La situazione era divertente e surreale allo stesso tempo ma sentivo che quello non era il mio posto e per fortuna all’ultimo un altro ragazzo prese il mio posto.

E se la chiamassero ancora? Se la chiamassero oggi?

Non avrei nessun problema a camminare su quella passerella. All’epoca avevo diciotto anni, la vergogna prese il sopravvento. Oggi sarebbe un altro Mattia. Oggi è un altro Mattia.

Mattia Pecis chef Cracco Portofino ristorante Intervista

@soldoutservice • latest fashion news on tik tok

advertising

@soldoutservice • latest fashion news on tik tok

advertising

most read

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

soldoutservice

related

most read

condividi su

Link copiato
negli appunti!

Iscriviti alla newsletter

Privacy(Obbligatorio)