Dopo la prima importante apparizione sulla scena streetwear internazionale, in occasione della collaborazione con ASSC nell'ormai lontano 2017, “Cactus Plant Flea Market” torna prepotentemente in campo proponendo il suo primo progetto comune con il colosso di Beaverton.
Con un utilizzo sistematico di tonalità pastellate, unito all'eccentricità del Tie-Dye, CPFM ha sicuramente saputo sviluppare un'identità ben definita, marcata fortemente anche dall'influenza di Pharrel Williams nel delineamento dell'indirizzo artistico del brand, dato il suo stretto rapporto con la fondatrice Cynthia Lu (ex stagista per Complex e BBC).

Il risultato del lavoro di Nike e CPFM è una rivisitazione della neonata Vapormax, presentata in 2 differenti varianti: una prima versione, che sarà resa disponibile al pubblico a partire dal 16 maggio 2019 al prezzo retail di 250$,e una seconda apparentemente F&F, che invece si differenzia dalla prima per l'inserimento in corrispondenza dell'intersuola di un filamento in materiale 3M-neon.

I punti di forza della sneaker sono parecchi, a partire dalla possibilità di riscatto che il design può offrire al modello base di Vapormax, che fino ad ora, salvo rarissimi casi, ha saputo stupire gran poco.
Il vibe “Do It Yourself”, riscontrabile tanto nelle primissime collezioni del brand risalenti all'estate 2015, quanto nel nome stesso del marchio (letteralmente “mercato delle pulci Cactus Plant”), si incastra in maniera quanto mai sorprendente con lo spirito estremamente sportivo della Vapormax nuda e cruda, attraverso l'applicazione di un doppio swoosh in simil-fil di ferro, affiancato da caratteri giocosi di un gradevole “just do it.” posto sulla parte opposta della tomaia.

Naturalmente non può mancare il marchio di fabbrica di Cactus Plant, che viene applicato sul tallone, risultando un dettaglio inspiegabilmente fondamentale che va a chiudere il cerchio di questo progetto artisticamente impeccabile. A questo punto viene soltando da interrogarsi su una semplice questione: le ultime settimane hanno veramente saputo mettere in luce il “Cactus” giusto, o siamo stati rapiti, come da previsione, dall'indomabile onda dell'hype, capace di privarci di ogni capacità critica?