Negli ultimi anni, l’industria del fine dining si è evoluta in una direzione sempre più attenta al contesto in cui prende forma. Pur rimanendo centrale la cura per il dettaglio e l’estetica degli interni — oltre ovviamente alla cucina — sempre più spesso è la location a guidare inizialmente l’esperienza, con l’ambientazione che si è trasformata da cornice a elemento narrativo a tutti gli effetti.

Una tendenza particolarmente sentita in Norvegia, dove l’elemento del mare è profondamente radicato nella cultura e nel paesaggio. Lo dimostra il caso di Iris, ristorante galleggiante nel cuore di un fiordo, ma anche e soprattutto quello di Under, struttura semi-sommersa nota per essere il più grande ristorante subacqueo al mondo.

Affacciato sulla costa di Lindesnes, nella contea di Agder, Under nasce dall’incontro tra esperienza gastronomica d’autore, architettura sperimentale e scienza. La struttura, progettata dallo studio Snøhetta, è concepita come un futuristico volume inclinato che si adagia sul fondale roccioso, immergendosi fino a raggiungere i 5 metri sotto il livello del mare. Grazie a questa caratteristica, al momento della sua inaugurazione — avvenuta nel 2019 — il locale è diventato il primo ristorante subacqueo europeo, nonché appunto il più grande al mondo.

Oltre a rappresentare una meraviglia architettonica, Under è anche uno degli indirizzi di riferimento nella gastronomia norvegese contemporanea. Guidato dallo chef danese Nicolai Ellitsgaard, infatti, nel 2020 è divenuto il primo ristorante del paese scandinavo ad ottenere una stella Michelin, che oggi continua a mantenere sotto la direzione di chef Bernt Sætre . Un risultato tutt’altro che scontato, soprattutto considerando l’isolamento geografico della struttura, che comporta non poche sfide nella selezione del personale e nell’approvvigionamento costante di materie prime di alta qualità.

L’esperienza da Under inizia già all’esterno, dove la struttura in cemento grezzo affiora dall’acqua come un telescopio sottomarino. Proprio la superficie porosa del cemento diverrà col tempo parte del bioma marino, fungendo a tutti gli effetti da barriera corallina artificiale. Una volta varcata la soglia, il percorso si sviluppa in discesa, sotto pannelli rivestiti che ricordano i colori di un tramonto e accompagnano gli ospiti fino al punto più in profondità: la sala principale. Qui, una grande vetrata lunga 11 metri e alta 4 trasforma il ristorante in un osservatorio marino: tra riflessi, correnti e pesci che nuotano indisturbati, la natura diventa parte integrante della cena, mutando con le stagioni e con le condizioni del mare.

Il menu riflette con coerenza questa immersione totale nell’ambiente circostante. Composto da una selezione di 10 – 12 portate, viene aggiornato regolarmente in base alla disponibilità degli ingredienti e si fonda su ciò che il territorio — e soprattutto il mare — può offrire in modo sostenibile. Il pescato locale, le alghe, i crostacei e le erbe spontanee raccolte lungo la costa sono tra i protagonisti delle proposte di chef Sætre, che punta sulla purezza dei sapori e su un’estetica essenziale.

Tra i piatti spiccano l’halibut ai frutti di bosco gialli e finocchio, le capesante con avena nera e kiwi artico e la rana pescatrice con radice di prezzemolo e miso. Il prezzo del menu varia dai 190 ai 210 euro a persona, e può salire a seconda dei rispettivi abbinamenti alcolici e analcolici.