Opium, il profumo dello scandalo di Yves Saint Laurent
STYLE
29 Agosto 2025
Articolo di
Camilla BordoniOpium, il profumo dello scandalo di Yves Saint Laurent
Basta un nome, un packaging diverso dai competitor e un mix di adv e storytelling per fare successo e scandalo con un profumo? Forse si, se quel profumo è Opium, la fragranza di Yves Saint Laurent che conquistò il fashion system rendendolo “addicted”. Era il 1977 quando l’omonimo marchio dello stilista lo lanciò sul mercato provocando una vera esplosione culturale perché da subito si intuì che il prodotto non rappresentava una semplice essenza, ma un manifesto audace e una provocazione deliberata in grado di evocare tra le righe estasi e dipendenza, sensualità e trasgressione.
Il profumo, creato dai nasi Jean Amic e Jean-Louis Sieuzac of Roure, nacque da quell’immaginario asiatico e da quel mix di esotismo e mistero che da sempre affascinava Monsieur Yves. La fragranza stessa era una miscela insolita di patchouli, mirra e vaniglia, capace di trasportare chi lo indossava (perché sì, era ed è da considerare come un vero accessorio alla moda) in un universo sensuale e magnetico.
D’altronde anche il packaging si rivelò significativo in tal senso dal momento che il flacone ideato da Pierre Dinand per Saint Laurent prese come reference l’inrô dei samurai, un piccolo contenitore dove si custodivano erbe di ogni tipo, medicinali e l’oppio. A tutti gli effetti fu una scelta estetica nuova, che combinava plastica e vetro con una nappa elaborata, la quale sottolineava ancora di più l’aura mistica e orientaleggiante del profumo.
Già così potreste intuire da dove poteva partire lo scandalo, ma fu proprio l’appellativo Opium del profumo ad incendiare le polemiche per via del richiamo alla sostanza stupefacente, pura follia per l’epoca. In un’intervista su Marie Claire, Chantal Roos, ex presidente del settore bellezza della maison, sottolinea come gli ostacoli furono molteplici e come lo stesso Pierre Bergé dovette sforzarsi per portare avanti il desiderio dello stilista di attribuire alla fragranza quel nome. Addirittura pare che Roos abbia dovuto firmare un documento specificando di non avere tentato di riprodurre l’odore dell’oppio.
Se ho scelto Opium come nome per questo profumo è perché ho sperato ardentemente che, con la sua forza incandescente, potesse liberare i fluidi divini, le onde magnetiche, i tirabaci e gli incantesimi della seduzione che fanno nascere l’amour fou, il colpo di fulmine, l’estasi fatale.
Yves Saint Laurent
Ad alimentare la leggenda di Opium come “il profumo dello scandalo” furono poi anche le campagne pubblicitarie. Nel 2000 il fotografo Steven Meisel immortalò Sophie Dahl seminuda, languidamente sdraiata e con un velo di ombretto verde sugli occhi. L’atmosfera decadente è un po’ erotica fece giudicare l’immagine come troppo esplicita, tanto che venne censurata in diversi paesi. E tuttavia quella non fu la sola campagna a generare parecchio clamore. Esattamente undici anni dopo, un’altra adv infuocò l’opinione pubblica riaccendendo il dibattito.
Galeotto fu infatti lo spot di Belle Opium in cui la modella si accarezza il braccio; un gesto che a detta di molti faceva riferimento a quello di chi si inietta una dose. Inutile dire che i media ci andarono a nozze eppure, nonostante tutto il buzz, a guadagnarci fu lo stesso Saint Laurent che riaffermò ancora una volta la sua attitude provocatoria (a tratti scomoda) ma sicuramente irresistibile.
D’altra parte non poteva che essere così per una griffe che già nel 1986 aveva sedotto, seppur con un tono più pacato, il popolo della moda con un altro spot dedicato all’Opium e con protagonista una giovane Linda Evangelista intenta a cercare il profumo con un atteggiamento misterioso in un mercato orientale.
Insomma, Opium divenne da subito il simbolo di un lusso che non chiedeva permesso, che non si piegava alle convenzioni. E oggi? La storia è la stessa perché la fragranza di Saint Laurent resta (e rimarrà) un classico. Può cambiare, packaging o testimonial, ma la sua essenza no. Il giovane Yves, malgrado la sua timidezza e introversione, sapeva leggere la bene società e il côte che gli gravitava attorno. È vero infatti che mai come gli osservatori attenti sanno fare scacco matto o calare il proprio asso nella manica al momento giusto. In fin dei conti lo scandalo non è altro che un modo diverso per scrivere la storia.
advertising
advertising
