FOOD & BEVERAGE

24 Ottobre 2025

Articolo di

string(18) "Valentina Alfarano"
Valentina Alfarano

La storia di Dom Pérignon e la nascita dello champagne

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24 Ottobre 2025

Articolo di

Valentina Alfarano
Dom Pérignon storia nascita Champagne
Michal Osmenda

La storia di Dom Pérignon e la nascita dello champagne

C’è una frase, attribuita al monaco benedettino Dom Pierre Pérignon, che attraversa i secoli come un brindisi eterno: «Venite presto, sto bevendo le stelle!». Forse non la pronunciò mai davvero e, come gran parte della sua storia, appartiene più al mito che alla cronaca, ma racchiude l’essenza di un racconto capace di fondere verità e leggenda. Tra le colline della Champagne del XVII secolo, un abate curioso e visionario trasformò un errore di fermentazione in uno dei simboli più luminosi della cultura francese.

È una storia sospesa tra realtà e immaginazione, quella della presunta scoperta della doppia fermentazione in bottiglia, del mistero delle bollicine e di un uomo che cercava l’armonia assoluta tra natura e arte: Dom Pierre Pérignon. Siamo nella seconda metà del Seicento, nel cuore della (a quel tempo non ancora) celebre regione vitivinicola. Le primavere fredde e gli inverni lunghi interrompevano la fermentazione dei vini, lasciando nei mosti zuccheri non trasformati: quando le botti venivano riaperte con l’arrivo del caldo, la fermentazione riprendeva in modo imprevedibile, sprigionando anidride carbonica e facendo esplodere bottiglie e tappi. Nasceva così il vin du diable, il vino del diavolo.

La leggenda racconta che, mentre molti cercavano di domarne la natura ribelle, Dom Pérignon vi scorse un linguaggio da decifrare, non un difetto da eliminare.

Dom Pérignon storia nascita Champagne

Nel 1668, il giovane abate giunse all’abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers con il compito di gestire le vigne e i vini del monastero. Figlio di viticoltori e osservatore attento, comprese che quella misteriosa effervescenza non era una maledizione ma un fenomeno da studiare.

Decise di dedicarsi alla ricerca di equilibrio e armonia, selezionando con cura le uve migliori e sperimentando nuove tecniche di assemblaggio; fu tra i primi a pressare delicatamente le uve a bacca rossa per ottenere vini bianchi, a controllare la fermentazione e a utilizzare bottiglie di vetro più spesso, chiuse con tappi di sughero, capaci di contenere la pressione delle bollicine. Su questo punto la storia documentata e il mito si incontrano: non inventò le bollicine, ma ne affinò la grazia trasformando la pratica in sapere e il sapere in arte.

Nel silenzio della cantina, Dom Pérignon affinò un linguaggio fatto di precisione e pazienza, trasformando, poco a poco, quello che sembrava un errore naturale in un metodo di equilibrio. Le cronache attestano che il fenomeno della rifermentazione in bottiglia era già noto altrove: in Inghilterra, per esempio, dove a metà Seicento si sperimentava l’aggiunta di zucchero e lievito per ottenere vini effervescenti.

Eppure, proprio nel suo approccio rigoroso e quasi mistico, la leggenda ha trovato la scintilla del mito. Il cosiddetto méthode champenoise, la doppia fermentazione in bottiglia che avrebbe consacrato la Champagne come la culla di un’eccellenza destinata a durare nei secoli, è il frutto di un’evoluzione collettiva: alla leggenda di Dom Pérignon resta il merito di aver incarnato la perfezione possibile, quella che nasce dall’incontro tra fede, scienza e intuizione.

Dom Pérignon storia nascita Champagne cartolina francobollo

Con il passare del tempo, il nome del monaco di Hautvillers divenne leggenda. Alla sua morte, nel 1715, era già simbolo di perfezione e dedizione, e molte pagine agiografiche contribuirono a consolidarne il mito; le sue memorie descrivono come scegliere le viti giuste per ogni terreno, come potarle e mescolarle per ottenere vini di straordinaria purezza.

Tre secoli più tardi, nel 1921, Moët&Chandon decise di dedicare al monaco la sua cuvée più ambiziosa: Dom Pérignon, un nome destinato a incarnare l’essenza stessa della perfezione. Ogni edizione nasce da una sola annata, selezionata e interpretata come un’opera d’arte dallo Chef de Cave Vincent Chaperon. Nelle cantine di Épernay, la maison continua a seguire l’ideale estetico che la tradizione associa al monaco: cercare l’armonia tra complessità e purezza, tra energia e silenzio, tra tensione e calma.

Sul sito dell’azienda si legge: «L’armonia è un ideale, un orizzonte che non si raggiunge mai del tutto ma che guida ogni gesto», una frase che restituisce l’essenza di questa eredità sospesa tra mito e storia. È la stessa visione che, secoli fa, guidava Dom Pierre Pérignon tra le botti dell’abbazia. E ancora oggi, ogni volta che una bottiglia viene stappata e le bollicine si liberano nell’aria, si ama ripetere l’eco lontana di un monaco che, guardando il cielo della Champagne, avrebbe sussurrato di star bevendo le stelle.

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