FOOD & BEVERAGE

21 Novembre 2025

Articolo di

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Nadia Afragola

Guida Michelin 2026: la vera storia è (quasi) tutta fuori dal nuovo tre stelle

FOOD & BEVERAGE

21 Novembre 2025

Articolo di

Nadia Afragola
Guida Michelin 2026 Mattia Pecis Stella Michelin
Courtesy of Guida Michelin

Guida Michelin 2026: la vera storia è (quasi) tutta fuori dal nuovo tre stelle

Al Teatro Regio di Parma, la liturgia è sempre la stessa: sipario rosso, giacche bianche che si riconoscono a distanza, nomi chiamati come in un appello emotivo più che professionale. In platea, l’attesa è tutta per il nuovo tre stelle – e quest’anno il protagonista ha un nome e un cognome precisi – ma se ci fermiamo lì, perdiamo la parte più interessante del racconto.

Perché la 71ª edizione della Guida Michelin Italia, quella che vale per il 2026, non dice solo chi sta in cima alla piramide. Racconta, soprattutto, come si sta muovendo la base: i nuovi monostellati, i Bib Gourmand finalmente “ufficializzati” con una targa, i premi speciali che spiegano meglio di qualsiasi discorso dove sta andando la cucina italiana.

Io oggi scelgo di stare lì, in mezzo alla folla. Lontano dal riflettore principale, dentro quel cono di luce laterale dove capita la parte più viva del sistema.

Teatro Regio di Parma Guida Michelin 2026

I numeri (e le crepe) dietro la vetrina

Partiamo dalla fotografia, perché i numeri – se letti bene – sono spesso più sinceri degli applausi.
Nel 2026 in Italia i ristoranti con una o più stelle Michelin sono 394:

  • 15 hanno tre stelle,
  • 38 ne hanno due,
  • 341 brillano con una stella sola.

Rispetto allo scorso anno si guadagna un’unità: da 393 a 394. Un aumento minuscolo, quasi simbolico, che però nasconde un movimento profondo. Da un lato ci sono 22 nuovi ingressi tra i monostellati; dall’altro, ci sono insegne storiche che la stella l’hanno persa, come Vissani a Baschi o Arnaldo a Rubiera, e un Miramonti L’Altro che scende da due a una.

È un po’ come se la Guida dicesse: il sistema non esplode, non crolla, ma si assesta. Si sposta qualcosa, si ridefiniscono priorità e riferimenti. La geografia delle stelle si allarga e si rimodella: 22 nuovi monostellati che presidiano province, entroterra, destinazioni turistiche “miste”, una generazione sotto i 35 anni che sale sul palco con naturalezza, territori come la Liguria che tornano a contare, non solo come cartolina, ma come cucina.

Dentro questo quadro, la notizia non è solo chi è arrivato in alto, ma chi è riuscito a emergere nel mezzo.

Bib Gourmand con la targa: la Michelin scopre il “quotidiano”

Il passaggio forse più politico dell’edizione 2026 è quello che, sul palco, viene liquidato in pochi minuti: da quest’anno anche i Bib Gourmand avranno la targa Michelin, proprio come i ristoranti stellati.
Parliamo di 255 indirizzi in Italia premiati per il rapporto qualità-prezzo, con una selezione che tocca il cuore della ristorazione quotidiana: trattorie, osterie, bistrot, locali dove si mangia – bene – con cifre che restano ancora, miracolosamente, umane.

Mettere una targa su queste porte significa dire ad alta voce una cosa molto semplice: la gastronomia italiana non vive solo nei percorsi da dieci portate, ma nella rete fittissima di posti dove si va una, due, dieci volte l’anno. È lì che si educa il gusto, è lì che passano tradizione, stagionalità, identità territoriale.
Per una volta, la Guida non si limita a certificare il vertice: riconosce la responsabilità – enorme – di quel ceto medio gastronomico fatto di conto medio ragionevole, piatti comprensibili e radicamento nel territorio. È un gesto tecnico, certo, ma anche culturale.

I premi speciali: la parte umana della Guida

Poi ci sono i premi speciali, quelli che parlano di persone prima ancora che di ristoranti:

  • Michelin Young Chef Award 2026 (Metro Italia): Mattia Pecis, Cracco Portofino;
  • Michelin Service Award (Intrecci): Giulia Tavolaro, ristorante Maxi, Vico Equense;
  • Michelin Sommelier Award (Consorzio Franciacorta): Ivana Capraro, Castel Fine Dining, Tirolo;
  • Michelin Chef Mentor Award (Blancpain): Heinz Beck, La Pergola, Roma;
  • Opening of the Year Award (Agnelli 1907): Gian Marco Bianchi, Al Madrigale | Nuova Cucina Rurale, Tivoli.
Ivana Capraro Michelin Sommelier Award 2026

Ivana Capraro, premio Michelin Sommelier Award

Sono tasselli di un mosaico che vale più di mille classifiche. Parlano di: formazione (il mentore Beck, l’idea di una filiera lunga che parte anni prima di una stella), ospitalità (la sala di Giulia Tavolaro non come servizio, ma come regia), vino come linguaggio (il premio a Ivana Capraro), nuove aperture coraggiose (Al Madrigale, “nuova cucina rurale”, che racconta un’Italia meno metropolitana).

E poi c’è lui, il premio che accende il riflettore sul porto più fotografato del Paese.

Cracco Portofino: quando la cartolina diventa laboratorio

Portofino, nell’immaginario collettivo, è il set. Barche, piazzetta, tavolini affacciati sul mare. L’idea di lusso italiano “facile da capire” per chi arriva da fuori.
In questo contesto, Cracco Portofino rischiava di essere un’operazione di pura immagine: il grande chef televisivo che firma il ristorante in uno dei luoghi più iconici del Paese. E invece la Guida 2026 ci racconta una storia un po’ diversa: il ristorante porta a casa la sua prima stella Michelin e il suo chef, Mattia Pecis, riceve anche il Michelin Young Chef Award 2026.

Pecis ha 29 anni, viene dalla Val Seriana, è cresciuto professionalmente nell’universo Cracco – a partire dalla cucina in Galleria – ed è alla guida di Cracco Portofino dal 2021, praticamente dall’inizio del progetto.

La cosa interessante non è solo il doppio riconoscimento (stella + premio giovane): è il tipo di cucina che porta in dono a Portofino. Cracco Portofino nasce come prima “casa al mare” del gruppo Cracco, con un menu costruito quasi interamente sul mare e sull’orto ligure, lasciando fuori la carne e concentrando il discorso su pesce, verdure, erbe, acidità controllate, fondi leggeri.

Pecis, in questo, lavora come traduttore simultaneo tra mondi: porta con sé il rigore appreso nella grande cucina d’autore, lo filtra attraverso il paesaggio ligure, lo restituisce in piatti che non hanno paura di essere “Portofino”, ma rifiutano l’estetica da cartolina gastronomica.

Il premio Young Chef Award, nelle motivazioni, insiste sulla sua capacità di assorbire il meglio dai maestri e restituirlo con una voce propria, valorizzando il territorio in cui lavora “con sensibilità e intelligenza”.

Tradotto: non è solo un bravo esecutore alla corte di un grande nome. È un autore. In un luogo, per definizione, esposto al turismo internazionale e alla tentazione di abbassare l’asticella, la Michelin decide di mettere una stella su un ristorante che sceglie la strada più difficile: identità, mare vero, cucina personale. E lo fa premiando il ragazzo in prima linea, non solo il brand che sta sull’insegna.

Mattia Pecis Carlo Cracco Guida Michelin 2026 stella

Mattia Pecis e Carlo Cracco

Liguria, giovani e destinazioni: una cartina diversa

Cracco Portofino non è un caso isolato: la Liguria porta a casa due nuovi ristoranti monostellati, entrambi in provincia di Genova, con Cracco Portofino e Rezzano Cucina e Vini a Sestri Levante.
È un segnale chiaro: le destinazioni turistiche balneari non sono più solo scenografia, ma diventano laboratori dove si misurano sostenibilità, filiera corta, equilibrio tra residenti e flussi turistici. Per un Paese che vive di turismo, è un tema enorme.

Dentro i 22 nuovi monostellati, in generale, la quota under 35 è significativa e spesso legata a contesti dove l’alta cucina incontra l’hotellerie, il wine tourism, i nuovi modelli di ospitalità diffusa.

È come se la Guida certificasse una cosa che chi frequenta questi mondi sente da tempo: il futuro non è solo nel “ristorante monumento”, ma in progetti ibridi, fluidi, dove lo chef non è più solo cuoco, ma curatore di un’esperienza più ampia.

Un bilancio personale: meno fuochi d’artificio, più direzione

Se dovessi fare un bilancio emotivo e professionale di questa edizione, direi così: è una Guida meno spettacolare nei numeri ma più interessante nella direzione.

Ci sono ferite aperte – le stelle perse, i ristoranti storici che scendono o escono – che ricordano a tutti che la Michelin resta un giudice severo. Ma ci sono anche segnali forti: l’attenzione al rapporto qualità-prezzo (Bib Gourmand con targa), i riconoscimenti a chi lavora su sala, vino, dessert, i premi alla gioventù che regge progetti complessi come Cracco Portofino, il messaggio che passa tra le righe: la grande cucina italiana non è solo un fatto di élite, ma un ecosistema.

Guardando Mattia Pecis salire sul palco due volte – prima per il premio, poi per la stella – è difficile non pensare a una staffetta generazionale già in corso: i grandi nomi ci sono, restano, ma la narrazione più interessante si gioca tra chi prende in mano una cucina affacciata sul mare e decide che la cartolina non basta più.

La Guida 2026, se la leggiamo oltre il tre stelle, è proprio questo: una storia di ragazzi che diventano riferimento, territori che tornano protagonisti, luoghi turistici che imparano a parlarsi addosso in modo più profondo. Se la Michelin serve ancora a qualcosa, è a rendere visibile questa trama nascosta. Il resto – la grande notizia del gotha – lo conosciamo già. Qui, invece, c’era bisogno di fermarsi un attimo di più.

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